Juan Moisés De La Serna - Approccio Alla Neuromatematica - Il Cervello Matematico

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Si è parlato molto di matematica negli ultimi anni, soprattutto in termini di necessità di un'istruzione applicata in tenera età, ad esempio nel caso dell'economia, come mezzo per preparare i minori al loro futuro impegno di cittadini. Ci sono stati anche miglioramenti nei processi di apprendimento relativi all'incorporazione di nuovi strumenti pedagogici importati da altri Paesi. Si è parlato molto di matematica negli ultimi anni, soprattutto in termini di necessità di un'istruzione applicata in tenera età, ad esempio nel caso dell'economia, come mezzo per preparare i minori al loro futuro impegno di cittadini. Ci sono stati anche miglioramenti nei processi di apprendimento relativi all'incorporazione di nuovi strumenti pedagogici importati da altri Paesi. Ma la più grande rivoluzione è avvenuta nel campo delle neuroscienze e il progresso che hanno avuto negli ultimi anni ha permesso di studiare e comprendere il funzionamento del cervello mentre sviluppa delle funzioni come la matematica. Da qui la necessità di disporre di lavori sempre aggiornati che affrontino i diversi temi legati al campo delle neuroscienze e della matematica. Un libro accessibile per tutti coloro che vogliono approfondire la conoscenza del cervello e come sfruttarne le potenzialità in termini di educazione matematica.

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Senza l’apprendimento, sarebbe solo una risposta più o meno fortuita, ogni volta che si presenta uno stimolo, sebbene sia lo stesso più e più volte. Come accade a quelle persone che, a causa di qualche infortunio e trauma cranico, non possono accedere alla memoria a lungo termine, affidandosi esclusivamente alla memoria a breve termine, dove, dopo pochi istanti, quei “ricordi” si dissipano e tutto sembra nuovo e originale. Pertanto, l’apprendimento può essere considerato come un processo superiore, a cui partecipano altri più basilari, come la sensazione, la percezione, l’attenzione, la memoria e le emozioni.

A livello cerebrale ci sono diversi sistemi che parteciperanno al processo di apprendimento, come il sistema nervoso periferico, incaricato di ricevere informazioni sensoriali-ricettive e di far rispettare gli ordini, in termini di offerta della risposta comportamentale appropriata.

A livello del sistema nervoso centrale, l’informazione è condotta al cervello, che la elabora, la classifica e la memorizza, in caso di apprendimento, oltre a dare le precise indicazioni per la risposta pertinente, trovandosi in aree specializzate del cervello, dove intervengono i processi di attenzione, percezione, memoria ed emozione, senza i quali l’apprendimento non sarebbe possibile.

Va tenuto presente che il cervello è “progettato” per imparare, infatti, è ciò che fa “meglio”, ecco perché in esso sono coinvolte varie strutture neuronali, sebbene non esista un “centro di apprendimento” per così dire, ma sono le funzioni e le abilità che la persona sviluppa e che hanno il loro correlato nel cervello, che vengono modificate e adattate al nuovo apprendimento. Pertanto, le informazioni relative alla visione coinvolgeranno una serie di strutture cerebrali, che, man mano che la persona ha esperienza, cambiano e alterano il loro funzionamento, adattandosi all’apprendimento.

E tutto questo a partire da un cervello “vuoto”, che è stato strutturato e guidato geneticamente, senza necessità di intervento ambientale, ma che poi dovrà essere “plasmato” man mano che la persona acquisisce nuove conoscenze ed esperienze, che la aiuteranno a sviluppare se tue capacità e ad essere funzionale nel contesto sociale in cui vive.

Sebbene non sia letteralmente “vuoto”, dato che il bambino può sentire, vedere e percepire anche dal grembo materno, inoltre il cervello acquisisce a poco a poco la capacità di controllo muscolare, a cui vanno aggiunti i movimenti riflessi che si mostreranno durante i primi mesi di vita.

Il processo di apprendimento è normalmente avviato dai sensi, le cui informazioni vengono portate al cervello, dove viene separato in due vie, una emotiva e l’altra cognitiva, dove lo stimolo viene percepito una volta analizzato, attraverso le aree specializzate per ogni senso e da lì rimane nella memoria. Per questo e come base fondamentale c’è l’ippocampo, dove verrà immagazzinata la memoria a breve termine, prima di essere scartata o archiviata nella memoria a lungo termine, producendo così apprendimento.

Va tenuto presente che, fino a pochi decenni fa, si considerava che l’apprendimento avvenisse dal momento della nascita, fino all’età adulta, perdendo questa capacità al raggiungimento della terza o quarta età. Oggi, e grazie ai progressi delle neuroscienze, si sa che questo processo inizia ancor prima della nascita e che accompagna l’essere umano, in tutte le sue fasi, compresa l’ultima. La velocità dell’apprendimento cambia con l’età: è maggiore durante le prime fasi della vita e rallenta nelle fasi successive.

Una capacità di apprendimento in cui i giovanissimi, come i giovani, sembrano privilegiati per acquisire nuove conoscenze, dove è facile per loro iniziare una nuova lingua o studiare la trigonometria. Qualcosa che fino a pochi anni fa la scienza aveva proibito agli anziani, sostenendo che loro, come i più piccoli, non erano preparati a questa nuova conoscenza.

La scoperta della rigenerazione neuronale e la creazione di nuove connessioni tra neuroni, anche in età avanzata, hanno messo in discussione queste affermazioni, difendendo la posizione secondo cui tutti, a qualsiasi età, possono imparare quello che vogliono, poiché il cervello è pronto per questo. Qualcosa che ha costretto a cambiare i quadri teorici esistenti, che da un lato ha confermato la difficoltà degli anziani e dall’altro avevano gli strumenti pronti per l’apprendimento.

L’importanza del cervello nell’apprendimento si riflette non appena si verifica il suo deterioramento, ad esempio nel caso dell’Alzheimer, una malattia neurodegenerativa il cui sintomo principale è la perdita di memoria, che mostra come l’apprendimento “fallisca” gli apprendimenti acquisiti durante la vita, non sapendo come si chiamano gli oggetti, qual è la loro funzione o come vestirsi, aspetti che normalmente non si apprezzano come apprendimento e che sono essenziali per essere indipendenti e avere una buona qualità di vita.

Va tenuto presente che non tutte le esperienze implicheranno l’apprendimento, poiché affinché questo avvenga è necessaria una serie di “passaggi” nell’elaborazione cognitiva, che includerà aspetti legati alla sensazione, attenzione, percezione e memoria tra gli altri. Così, da quando siamo nati, osserviamo gli altri e da loro impariamo a rispondere all’ambiente, risposte che riproduciamo e che ci permettono di ottenere ciò che vogliamo o meno. In base a questo impariamo a dare o meno, la stessa risposta in un altro momento. Questo tipo di apprendimento è chiamato incidentale e può essere considerato come non è pre-programmato e che si verifica intenzionalmente o meno.

All’interno della categoria dell’apprendimento accidentale non intenzionale, ci sarebbero tutti quegli apprendimenti che vengono acquisiti senza che ci sia un’intenzione, al momento della sua realizzazione, ad esempio, un apprendimento osservativo, dove vediamo come una certa persona agisce e quali conseguenze ha, dato che la persona tende a ripetere quei comportamenti che hanno avuto risultati positivi e piacevoli; e al contrario, evitare quelli che non hanno permesso di raggiungere i risultati attesi e a causa dei quali ha persino ricevuto delle punizioni.

Un esempio potrebbe essere quello di vedere come una persona attraversa il centro della strada per raggiungere l’altro lato e prendere un autobus, che si è appena fermato alla fermata. Se la persona dopo essere passata, senza grosse preoccupazioni, raggiunge l’autobus, sale e parte, imparerà che questo è un comportamento utile, in modo da non perdere tempo ad aspettare un nuovo autobus, che può passare dopo un quarto d’ora, mezz’ora o un’ora. D’altra parte, se la persona è quasi investita quando attraversa la strada e dopo lo spavento non raggiunge l’autobus che parte senza aspettare, impara che mettere in atto un comportamento così sconsiderato non gli permette di raggiungere il suo obiettivo e quindi non lo ripeterà. Ebbene, proprio come in questo caso, stiamo continuamente imparando involontariamente, o mettendo in evidenza gli apprendimenti che già avevamo, come nel caso precedente, se già sapevamo che non si deve attraversare la strada da nessun lato, perché è pericoloso, vedere come la persona è quasi investita per averlo fatto rafforzerà il nostro apprendimento precedente.

All’interno della categoria dell’apprendimento incidentale intenzionale, ci sarebbero, ad esempio, i programmi “educativi” in televisione, i corsi a fascicoli che accompagnano alcuni giornali, o i video di autoapprendimento su YouTube, tra le altre cose. Ma sono anche le ripetizioni che fa la madre finché il bambino non riesce a dire mamma o papà, tutti alla ricerca di un fine, quello di modificare il modo di pensare, sentire o agire dell’individuo. Nonostante ciò, l’intenzione esplicita di trasmettere informazioni o conoscenze non è considerata apprendimento istituzionale, poiché non è all’interno di un sistema di apprendimento formale, con una struttura per tema ed età, né ricerca obiettivi appropriati per ogni fase evolutiva. Ma questi apprendimenti intenzionali non sono solo finalizzati ad aumentare la conoscenza degli altri, poiché possono concretizzarsi nello sviluppo di determinate abilità e capacità, come le scuole calcio, finalizzate al miglioramento delle prestazioni sportive dei minori.

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