Alex Itsios
Hades Online: Cavaliere di Fuoco
Hades Online: Cavaliere di Fuoco
Serie del Cavaliere di Fuoco, libro 1
(Un LitRPG Fantasy)
Scritto da Alex A. Itsios
TRADOTTO da Francesco Buttafuoco
Copyright © 2020, Alex A. Itsios
Tutti i diritti riservati. Questo libro e ogni parte di esso non possono esser riprodotti o usati i qualsiasi modo senza esplicito permesso scritto dell’autore, tranne per brevi citazioni per recensioni.
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I miei genitori sono morti. Il mio villaggio è in rovina. La mia amata è tenuta prigioniera da un mostro, e ho fatto delle promesse… promesse che non so come mantenere.
Chiamami Melanthios, sono o meglio ero, l’apprendista fabbro nel villaggio di Scyles, ma dopo quei terribili eventi che ho affrontato, sono diventato il cavaliere di fuoco, per quello che vale.
Ogni storia ha un inizio e una fine. Lascia che ti racconti, amico mio, quale destino ha portato il mio villaggio alla rovina, lasciandomi triste e sconsolato.
La vita nel regno di Lycia non è facile, nemmeno se sei un gran cavaliere. Ma il vecchie re, Pero, ha fatto il meglio che poteva per proteggerci. Gli emissari del Fato di Elysium proteggevano i villaggi e le campagne dai molti pericoli del mondo: demoni, licantropi e altre creature, come quelle trovate nella vicina foresta di Cedar. Ma due mesi fa, con un editto del nostro nuovo re, Alastor, il Fato fu bandito dal reame, e il nostro chierico è stato costretto a lasciare il villaggio. Come agnelli nella tana del lupo, siamo stati lasciati senza protezione.
Avendo quasi sedici anni, avevo parecchi motivi per aspettare il mio imminente compleanno, perché a quell’età sarei stato visto come un uomo e avrei avuto la mia forgia personale. Avrei anche potuto sposare Leda, la figlia del panettiere, la ragazza che amo.
Sognante, dopo un giorno di lavoro, tornai a casa per la cena e per riposare. Accadde due notti fa. Era buio quando fui svegliato dalle urla e vidi mio padre, un ex soldato della guardia del re, prendere la sua vecchia spada.
Sapendo che qualcosa di brutto stava per accadere, chiesi a mia madre, “Dove sta andando papà con la sua spada?”
“L’albero di carne è arrivato qui dalla foresta,” mi avvisò, la voce tremante di paura.
Mi porse il mio martello e mi disse, “Dobbiamo combattere per il nostro villaggio,e per lo nostre vite!”
L’adrenalina mi inondava il corpo, caricando muscoli e sangue per l’imminente battaglia. Il mio cuore batteva, pronto ad esplodere, e le pupille era dilatate, cercando di vedere al buio. Il mio corpo voleva correre via; dopo tutto non sono un soldato o un guerriero, ma sapevo che il pensiero della fuga era sbagliato. Dovevo restare e combattere per la mia famiglia. Corsi fuori con mio padre, e vidi che il mostro stava già avanzando verso gli abitanti del villaggio. Si innalzò, e vidi un’intricata e nodosa massa di arti che afferrava gli uomini e li ingoiava interi. La mostruosa creatura sembrava un albero, ma non era fatta di legno bensì di molti corpi umani avvolti insieme, con i loro arti mani e piedi.
“Per l’Elysium!” Mi dissi, “Come è possibile?”
Gli altri uomini stavano già combattendo la bestia, che torreggiava su di loro, e ci unimmo alla battaglia. Attaccammo all’unisono, ma le nostre armi facevano pochi danni, e due di noi furono rapidamente presi dai suoi rami artigliati. Per l’albero di carne non eravamo altro che cibo, non una minaccia.
Sapendo che le nostre armi non gli facevano nulla, lasciai cadere il martello e presi la torcia di un uomo che era stato appena divorato, pensando di bruciare il mostro. Caricai la creatura, mentre mio padre urlava.
Non volevo fermarmi, non potevo, avrei salvato tutti! Questo pensavo, ma che folle che ero. Con un colpo tremendo mi fece volare indietro, colpendo duramente il terreno e lasciandomi mezzo svenuto. Il mio attacco a sorpresa e il mio presuntuoso orgoglio, schiacciati così in fretta.
Non eravamo affatto una sfida per la bestia. Inerme, la disperazione prese il sopravvento. Non riuscivo a muovermi e sapevo che non ero solo la mia coscienza a svanire. Era la paura, che aveva preso il posto della speranza. La creatura allungò un mostruoso arto per afferrarmi. Il mio destino era certo. Fu allora che arrivò mio padre, e roteando la spada tagliò l’arto che stava per prendermi. Ammirai la sua forza e coraggio, ma non importava. Riuscivo solo a guardare il mostro afferrarlo e portarlo verso le sue oscure fauci. Solo un morso, solo uno, e lo avrei perso per sempre. Riesco ancora a sentire il suono delle sue ossa che si spezzano, e le sua urla mi perseguitano ancora.
Un attimo dopo, tutto diventò nero.
Quando mi svegliai, non potevo ancora muovermi. Uno degli arti dell’Albero di Carne mi teneva in aria. I suoi luminosi occhi gialli mi fissavano, e sapevo che la mia ora era ormai giunta. Pregai che avrei visto la vita eterna di Elysium, e che avrei potuto passare l’eternità con la mia famiglia e la ragazza che amo.
“Oh? Sei sveglio” mugolò, con la sua terribile voce. Vidi parecchi miei vicini intrappolati nei suoi arti. E vidi che Leda, la mia futura moglie, e mia madre erano ancora vive, anche se ora erano parte del mostro.
Le fissai, inorridito.
L’Albero di Carne tolse lentamente mia madre dal suo tronco, mostrandomela. Preoccupato per lei, lottai per liberarmi. Dovevo salvarla, era l’unica famiglia che mi rimaneva. Lei urlò e implorò aiuto, ma nessuno sarebbe venuto a salvarla. Chiusi gli occhi, supplicando fosse tutto un incubo, ma le mie orecchie, le mie dannate orecchie non riuscirono a non sentire l’orribile suono di ossa spezzate e carne strappata. Era la carne di mia madre! Urlai e giurai, piangendo, che l’avrei ridotto in cenere.
Ma sapevo di esser debole e di non aver modo di mantenere quella promessa. E ciò che era peggio, quel mostro giocava con me, con il mio dolore.
“Questa sembra deliziosa.” Mi sorrideva con quella bocca mostruosa.
Era il turno di Leda.
“Stop!” Implorai. “Non uccidere più. Non ti abbiamo fatto nulla. Siamo rimasti fuori dalla foresta.”
Sapevamo dell’esistenza del mostro, ma nessuno finora lo aveva mai visto. Non aveva mai lasciato la foresta e aveva attaccato solo quei pazzi che si erano intrufolati nel suo territorio, o almeno così dicevano le storie.
“Giovane, muscoloso, capelli rossi. Avevo ragione. Qualcuno qui non è un uomo comune. Uno che si distingue dagli altri,” mi disse l’Albero di Carne con la sua voce lamentosa.
Continuai a supplicare sperando, per qualche stupido motivo, che avrebbe risparmiato me e la mia amata.
“Perché sei venuto al villaggio? Perché hai fatto questo? Non siamo una minaccia"! Urlai.
I rami del mostro si strinsero dolorosamente intorno a me, e rispose.
“Ovviamente, non siete una minaccia, e nemmeno tu lo sei. Ma non sei tu, debole mortale, quello che mi preoccupa. Un antico potere è riemerso dall’oscurità; un antico rivale del passato, si è risvegliato. So benissimo che presto il mio avversario verrà per me, e devo esser forte e potente come l’ultima volta, per sopravvivere. Voglio carne, tanta carne! Carne forte”! Ruggì.
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