Morgan Rice - La figlia dei draghi

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“Ha tutti gli ingredienti per il successo immediato: trame, contro trame, misteri, cavalieri valorosi e relazioni che nascono e finiscono con cuori spezzati, delusioni e tradimenti. Ti terrà incollato alle pagine per ore e accontenterà persone di ogni età. Consigliato per la libreria di tutti i lettori fantasy.”
–-Books and Movie Reviews, Roberto Mattos (su L’Anello dello Stregone)
“Siamo davanti all’inizio di qualcosa di davvero straordinario.”
–-San Francisco Book Review (su Un’Impresa da Eroi)
Dall’autrice di bestseller numero uno, Morgan Rice, e autrice di Un’Impresa da Eroi (più di 1.300 recensioni a cinque stelle) arriva il debutto di una nuova e sorprendente serie fantasy.
In LA FIGLIA DEI DRAGHI (L’era degli stregoni—Libro terzo) Lenore torna sana e salva al Nord, ma non senza un prezzo. Suo fratello Rodry è morto e suo padre, Re Godwin, è in coma. Con il dominio del Nord in discussione, il suo infido fratello Vars potrebbe avere accesso al timone del regno.
Ma Vars è un codardo e Re Ravin, ripreso dalla sconfitta, mobilita l’intero Sud per invadere il Nord. La capitale del nord, mai assediata, è protetta da canali e maree; tuttavia, Ravin non ha problemi a perdere decine di uomini.
Pare che la battaglia più epica di sempre sia sul punto di scoppiare.
Devin deve impegnarsi per conoscere la sua vera identità e forgiare la spada incompiuta, ma è distratto e ha compreso di essersi innamorato di Lenore. Lenore, però, è intrappolata in un ripugnante matrimonio, uno che potrebbe minacciare la sua stessa vita.
Renard, con il suo audace furto, è in fuga dagli Invisibili, ansiosi di recuperare l’amuleto che può controllare i draghi.
E Nerra si sveglia per trovarsi trasformata in qualcos’altro, qualcosa di meraviglioso, mostruoso, potente e ignoto. Sarà lei a dominare nel mondo dei draghi?
L’ERA DEGLI STREGONI è una saga di amore e passione; di rivalità tra fratelli; di roghi e tesori nascosti; di monaci e guerrieri; di onore e gloria; e di tradimenti, fato e destino. È un racconto che non riuscirai a mettere giù fino a notte fonda, che ti trasporterà in un altro mondo e ti farà innamorare dei personaggi che non dimenticherai mai. Si addice a uomini e donne di qualsiasi età.
Il libro quarto sarà presto disponibile.
“Un fantasy vivace… Solo l’inizio di ciò che promette essere un’epica serie young adult.”
–-Midwest Book Review (su Un’Impresa da Eroi)
“Pieno di azione… Lo stile di scrittura di Rice è compatto e la premessa intrigante.”
–-Publishers Weekly (su Un’Impresa da Eroi)

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Proseguì ed era alla fine della pendenza, quando si guardò indietro e vide tre figure incappucciate più in alto in lontananza. Sembrava che Void, Wrath e Verdant avessero capito cosa aveva fatto e quello significava che doveva correre .

Corse, precipitandosi verso i campi attorno a lui, ma il paesaggio sembrò esplodere di pericoli. Un albero agitò i rami nella sua direzione e Renard a malapena riuscì a schivarli. Una roccia si scompose in frammenti affilati come rasoi, costringendolo a gettarsi a terra. Si alzò e continuò a correre.

Balzò oltre una parete bassa e rocciosa e corse attraverso i campi, guizzando da una parte all’altra, abbassandosi e sperando che i segreti oscuri infusi negli Invisibili avessero un raggio limitato. Guardandosi alle spalle, pensò che i raccolti lo oscurassero alla loro vista, ma sapeva bene di non potersi fermare. Aveva abbastanza esperienza in materia di fughe da sapere che non significava niente.

Proseguì e adesso trovò un ruscello ampio, torbido e forse profondo fino alla vita. Oltre a esso, c’era un campo aperto con solo un accenno di manto, alberi e cespugli. Un uomo come Renard sarebbe riuscito a nascondersi lì, ma per quanto tempo? Doveva esserci un nascondiglio migliore. Guardando il fiume, Renard pensò che avrebbe potuto vedervi qualcuno, ma cosa se…

“Ti troveremo!” ringhiò Wrath da qualche parte dietro di lui. “E poi ti scioglierò gli occhi che hai in cranio!”

Gli venne un’idea a quel punto e dunque fece un respiro profondo, si immerse nelle acque torbide e si accucciò sul fondale.

D’improvviso, quelle acque sedimentose sottrassero il mondo soprastante alla sua vista, se non per ombre sbiadite. L’acqua era fredda e scorreva rapida attorno a lui, ma Renard restò dov’era e non osò muoversi quando tre sagome comparvero sulla sponda più su. L’eco delle loro voci filtrò giù a raggiungerlo.

“…parte è andato?” domandò Wrath, con indosso la sua rabbiosa maschera rossa.

“Lo troveremo,” rispose Verdant con la sua voce melodica, e gridò. “Esci, Renard, tesoro. Vieni a giocare con noi!”

C’era qualcosa in quel tono di voce che incoraggiava gli arti di Renard a reagire per conto loro. Dovette battersi per tenerli saldi sul posto, e dovette battersi anche per altro. I suoi polmoni stavano iniziando a dirgli che era il momento di risalire per prendere aria, ma se l’avesse fatto, sarebbe sbucato dritto sotto agli occhi degli Invisibili. Il terrore di ciò che poteva accadere trattenne la sua testa sott’acqua.

Quanto a lungo sarebbe resistito senza affogare, però… I suoi polmoni iniziavano a bruciare mentre, sopra di lui, Void si stava guardando intorno, più spaventoso di tutti gli altri messi insieme con quella sua maschera bianca.

“Andate avanti,” disse. “Trovatelo. Trovate il reperto.”

Sopra a Renard, Verdant avanzò fino alla sponda. Rami e piante rampicanti si allungarono sopra all’acqua, formando un ponte vivente che scricchiolava e si piegava mentre quei tre vi camminavano sopra, continuando la loro caccia.

Persino quando scomparirono, Renard restò lì sotto il più possibile, prima di risalire per prendere fiato. Resistette finché la vista non iniziò a rabbuiarglisi, perché ogni secondo che aspettava era un altro che i suoi inseguitori usavano per allontanarsi da lui.

Alla fine, non resistette più e risalì in superficie, ansimando.

“Dannazione,” disse fra sé e sé. “Dannati tutti loro!”

Tenne in alto l’amuleto, la sua forma ottogonale che conteneva la squama di drago, circondata da rune e gemme di diversi colori. Era ciò che volevano, ma Renard sapeva di non poter dare qualcosa di così potente a persone di quel genere. Né poteva tenerlo con sé, non quando lo sentiva spremergli la vita, pezzettino dopo pezzettino.

Ciò di cui aveva davvero bisogno era uno stregone di un qualche genere che gli dicesse cosa farne, ma Renard non ne conosceva neanche uno. Non aveva esperienza in materia di amuleti magici, nessuna esperienza di draghi o formule in grado di scuotere il mondo, né di nessuna di queste stranezze. Per fortuna, però, aveva tantissima esperienza di beni rubati.

Sapeva esattamente come liberarsene.

CAPITOLO OTTAVO

Quando Vars entrò a passo lungo nella grande sala, era già affollata fino alle sue pareti in pietra. C’era così tanta gente che i grandi quadrati di tappeto che di norma dividevano per rango le persone, avevano lasciato spazio solo a un’approssimazione generale. C’erano i nobili e i capi delle Case dei Commercianti, delle Armi, degli Accademici e persino dei Sospiri. Le porte all’estremità opposta erano aperte, per permettere ad altri di ascoltare e alle bandiere poste lungo le pareti di sventolare, violente quasi come le loro bocche. Vars non aveva mai apprezzato il brusio della corte e, adesso, con così tante voci che bisbigliavano insieme, gli risultava ancora più irritante.

“Dobbiamo tenere d’occhio lo Slate,” disse un nobile di secondo rango.

“Perché?” scattò in risposta un cavaliere. “Nel caso in cui Ravin riesca a costruire altri ponti mentre siamo distratti?”

“Esatto,” ribatté il primo uomo, a quanto pareva ignaro della sua stupidità.

“Ciò di cui abbiamo bisogno adesso è la coordinazione tra noi e le vostre forze personali,” intervenne il Comandante Harr. Il comandante dei Cavalieri dello Sperone era lì in piedi con la sua armatura completa; la barba grigia gli scendeva dentro al pettorale, facendo chiedere a Vars se quell’uomo la tenesse addosso persino quando dormiva. “Dobbiamo evitare qualsiasi lacuna nelle nostre difese.”

“Questo significa che dovremmo accollarci il costo di questo?” domandò il capo della Casa dei Commercianti, che era in piedi laggiù con indosso tante catene d’oro che forse ne sarebbe bastata una a finanziare la guerra.

“Dobbiamo studiare ciò che sta accadendo,” prese la parola il capo degli Accademici, severo nei suoi indumenti scuri e con la testa rasata.

“Dobbiamo aumentare la produzione,” affermò il rappresentante della Casa delle Armi.

Almeno la donna della Casa dei Sospiri tacque, sembrando soddisfatta di limitarsi a osservare il dibattito. Vars non sapeva che farsene dell’opinione di un semplice cortigiano e restò in piedi nell’ombra del trono, ascoltandoli andare avanti, in attesa che uno di loro notasse la sua presenza. I secondi correvano, mentre continuavano a battibeccare l’uno con l’altro; alcuni sostenevano di dover restare al castello, altri proponevano invece di avanzare. Oltre a ciò, pareva non esserci proprio un punto d’incontro, con ogni fazione che aveva una sua strategia, una sua idea di quali truppe schierare e dove, e su come e chi avrebbe dovuto pagare.

Poteva avvertire la rabbia crescergli dentro, lavando via persino la paura di avere così tante persone schierate davanti. Camminò attorno al trono, sistemandovisi davanti deliberatamente.

“Silenzio!” gridò ma, anche allora, solo alcuni di loro tacquero. “Se non cade il silenzio qui dentro, farò sgomberare la sala dalle guardie!”

Ottenne il silenzio e, a quel punto, tutti lo stavano fissando. L’ansia lo raggiunse, facendolo solo sentire peggio. Tutti quegli occhi fissi su di lui lo facevano solo sentire piccolo e vulnerabile, e Vars lo odiava .

“Sono io il re adesso!” gridò, in difesa da quegli sguardi. “State parlando come se foste voi a decidere come gestire l’invasione, ma sarò io a farlo!”

“Vostra altezza,” disse un conte avanzando. “Con tutto il rispetto, questa è una decisione che condiziona l’intero regno e vostro padre è ancora vivo; è importante che tutte le parti coinvolte dicano la loro.”

Vars fulminò l’uomo con lo sguardo. “Davvero? Quindi dovrei chiedere ai contadini che lavorano la tua terra cosa pensano?”

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