Robert Jordan - I fuochi del cielo

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«È un peccato che il vostro amico abbia preso i cavalli. Quattro cavalli avrebbero ridotto il vostro debito.»

«Era un estraneo e un farabutto» spiegò Leane, con una voce consona a qualcosa di più intimo. «Io per prima sono più che contenta del cambio con la tua protezione, mio signore.»

Bryne la guardò con... apprezzamento, pensò Min, ma tutto ciò che disse fu, «Almeno alla residenza sarete in salvo dai Nem.»

A questa osservazione non vi fu risposta. Min suppose che lavare i pavimenti nella dimora di Bryne non sarebbe stato molto differente che farlo a casa dei Nem. Come mi tiro fuori da tutto questo? Luce, come? si chiedeva.

Il silenzio proseguì, a parte Bryne che tamburellava le dita sul tavolo. Min pensò che non sapesse cosa dire, ma non credeva che quest’uomo fosse mai impreparato. Probabilmente era irritato perché Leane era la sola a mostrare un po’ di gratitudine. La sentenza avrebbe potuto essere molto peggiore, dal punto di vista di Bryne. Forse gli sguardi caldi e la voce carezzevole di Leane erano stati efficaci, ma Min avrebbe preferito che la donna fosse rimasta com’era quando l’aveva conosciuta. Essere appese per i polsi nella piazza del villaggio era meglio di questo.

Alla fine Caralin fece ritorno, parlando da sola. Sembrava irritata mentre riferiva il resoconto a Bryne. «Ci vorranno dei giorni per avere delle risposte dirette da quel Nem, lord Gareth. Admer chiederebbe cinque nuovi fienili e cinquanta mucche, se lo lasciassi fare. Però credo sia vera la storia del sacchetto di denaro, solo che sull’importo preciso...» Scosse il capo e sospirò. «Lo scoprirò, prima o poi. Joni è pronto a portare le ragazze alla tenuta, se hai finito con loro.»

«Prendile, Caralin» rispose Bryne alzandosi. «Quando le avrai mandate via, raggiungimi al mattonificio.» La voce era di nuovo stanca.

«Thad Haren dice che ha bisogno di più acqua se deve continuare a fabbricare mattoni e solo la Luce sa dove la troverò per lui.» Uscì dalla sala comune come se avesse dimenticato tutto delle tre donne che gli avevano appena giurato di servirlo.

Scoprirono che Joni era il grosso uomo calvo che le aveva prelevate dalla baracca e che adesso aspettava davanti alla locanda di fianco a un carro dalle ruote alte coperto da un telo, con un cavallo magro attaccato al giogo. Alcuni abitanti del villaggio stavano in piedi per assistere alla loro partenza, ma la maggior parte sembrava essere ritornata alle proprie abitazioni al riparo dal caldo. Gareth Bryne era già lontano in fondo alla strada.

«Joni si accerterà che raggiungiate sane e salve la tenuta» spiegò Caralin. «Fate quello che vi verrà detto e non troverete duro vivere qui.» Per un po’ la donna le soppesò, gli occhi scuri erano quasi attenti quanto quelli di Siuan. Quindi annuì come se fosse soddisfatta e si affrettò a seguire Bryne.

Joni tenne aperti per loro i lembi del telo sul retro del carro, ma non le aiutò a salire e a sedersi. Non c’era nemmeno uno strato di paglia e la pesante tela manteneva il calore. L’uomo non disse una parola. Il carro ondeggiò mentre saliva a cassetta, nascosto dalla tela. Min lo sentì fare un verso al cavallo e il veicolo si mosse, con le ruote che scricchiolavano leggermente e rimbalzando nelle buche occasionali.

C’era giusto uno spacco nella tela verso il fondo del carro per consentire a Min di vedere il villaggio che si rimpiccioliva alle loro spalle per poi svanire, rimpiazzato da boschetti e campi recintati. Min era troppo stordita per parlare. La grande causa di Siuan si sarebbe conclusa col pulire pavimenti e lavare pentole. Non avrebbe mai dovuto aiutare la donna e rimanere con lei. Avrebbe dovuto andare a Tear alla prima opportunità.

«Be’» osservò Leane all’improvviso, «alla fine non si è risolta male.» Era tornata alla solita voce energica, ma c’era una velatura di eccitazione — eccitazione! — e le guance erano rosse. «Poteva andar meglio, ma l’esercizio aiuterà.» La risata bassa era quasi una risatina. «Non mi ero mai resa conto di quanto potesse essere divertente. Quando ho sentito che il polso gli accelerava...»

Per un po’ protese la mano come aveva fatto con Bryne. «Non credo di essermi mai sentita così viva, così consapevole. Zia Resara diceva che gli uomini erano uno sport migliore che cacciare con i falchi, ma non lo avevo mai capito bene fino a oggi.»

Cercando di restare dritta contro il dondolio del carro, Min la guardò con gli occhi sgranati. «Devi essere impazzita» esordì alla fine. «Quanti anni di servizio abbiamo appena giurato? Due? Cinque? Immagino che speri che Gareth Bryne li trascorrerà trastullandosi sulle tue ginocchia! Be’, spero che ti deluda. Ogni giorno!» Lo sguardo stupito nel viso di Leane non la calmò. Si aspettava che rimanesse impassibile? Min in realtà non era arrabbiata con Leane. Si voltò per lanciare un’occhiata a Siuan. «E tu! Quando decidi di arrenderti non fai le cose in piccolo! Ti sei piegata come un agnello destinato al mattatoio. Perché hai scelto quel giuramento? Luce, perché?»

«Perché» spiegò Siuan, «era il solo giuramento per indurlo a non metterci dei soldati di guardia giorno e notte, tenuta o no.» Semidistesa sulle assi del carro la fece sembrare la risposta più ovvia del mondo. E Leane pareva d’accordo.

«Non intendi mantenerlo» concluse Min dopo un po’. Fu un sussurro stupito, ma anche così lanciò preoccupata delle occhiate alla tela di copertura che nascondeva Joni. Non credeva che l’uomo avesse sentito.

«Intendo fare quello che devo» rispose con fermezza Siuan, ma a bassa voce. «In due o tre giorni, quando sarò sicura che non ci sorvegliano da vicino, ce ne andremo. Temo che dovremo rubare dei cavalli, visto che i nostri sono scomparsi. Credo che Bryne abbia delle buone stalle. Mi dispiacerà.» E Leane se ne stava seduta come un gatto con la crema sui baffi. Doveva averlo capito subito e per quello non aveva esitato a giurare.

«Ti dispiacerà rubare i cavalli?» chiese Min rauca. «Stai progettando di infrangere un giuramento che chiunque, a parte gli Amici delle Tenebre, manterrebbe e rimpiangi di dover rubare alcuni cavalli? Non riesco a crederci. Non vi riconosco più.»

«Intendi davvero rimanere a strofinare pentole?» chiese Leane, con la voce altrettanto bassa. «Quando Rand è là fuori con il tuo cuore in tasca?»

Min divenne furiosa. Desiderava che non avessero mai scoperto che era innamorata di Rand al’Thor. In certi momenti non avrebbe voluto scoprirlo mai nemmeno lei. Un uomo che sapeva appena della sua esistenza, uno come lui. Quel che Rand era e il fatto che non la aveva mai guardata due volte non sembravano più così importanti. Voleva dire che avrebbe mantenuto il giuramento e dimenticato Rand il tempo richiesto per ripagare il debito. Solo che non riusciva ad aprire la bocca. Che sia folgorato! Se non lo avessi mai incontrato adesso non mi troverei in questo guaio! pensò. Quando il silenzio fra le donne divenne insostenibile per i gusti di Min, spezzato solo dal ritmico scricchiolio delle ruote e il tonfo attutito degli zoccoli dei cavalli, Siuan parlò. «Intendo fare quel che ho giurato. Quando avrò portato a termine quel che devo. Non ho giurato di servirlo immediatamente, ho fatto attenzione a non accennarlo, per essere precisa. Un punto sottile che so Gareth Bryne non apprezzerà, ma comunque vero.»

Min sprofondò stupita, lasciandosi dondolare dal carro in movimento. «Vuoi scappare e poi tornare indietro fra qualche anno per servire Bryne? L’uomo venderà la tua pelle a una conceria. Le nostre pelli.» Fino a che non parlò non si era resa conto di aver accettato la soluzione di Siuan. Fuggire, poi tornare indietro per... Non posso! Amo Rand. E lui non si accorgerebbe nemmeno se Gareth Bryne mi facesse lavorare nelle sue cucine per il resto della mia vita! si disse angosciata.

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