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Dan Simmons: Ilium

Здесь есть возможность читать онлайн «Dan Simmons: Ilium» весь текст электронной книги совершенно бесплатно (целиком полную версию). В некоторых случаях присутствует краткое содержание. Город: Milano, год выпуска: 2003, ISBN: 978-88-04-52224-9, издательство: Mondadori, категория: Фантастика и фэнтези / на итальянском языке. Описание произведения, (предисловие) а так же отзывы посетителей доступны на портале. Библиотека «Либ Кат» — LibCat.ru создана для любителей полистать хорошую книжку и предлагает широкий выбор жанров:

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Attenzione! Thomas Hockenberry è stato un insegnante universitario di storia, con una vita assolutamente normale. Per quale motivo, allora, si trova adesso ad assistere alla Guerra di Troia, al servizio degli dèi dell’antica Grecia? E perché gli stessi dèi sembrano padroneggiare una tecnologia avanzatissima, con la quale cercano di alterare il corso degli eventi e di uccidersi a vicenda? Intanto, in un futuro lontano migliaia di anni, su una Terra dove i pochi abitanti rimasti hanno come sola occupazione il divertimento, solo un uomo ricorda ancora l’antica arte della lettura e la sfrutta cercando di risolvere l’enigma più grande di tutti: chi ha costruito le macchine che governano il pianeta? Dall’autore che ha cambiato la fantascienza, la sua saga più intensa e appassionante, dove il gusto per la ricostruzione storica si mescola con i grandi scenari di un futuro apocalittico e affascinante. Vincitore del premio Locus per il miglior romanzo di fantascienza in 2004. Nominato per il premio Hugo per il miglior romanzo in 2004.

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«E sia, divino Achille, truffatore ai dadi, truffatore nella guerra, truffatore con le donne, ora cerchi di truffare anche me!» grida Agamennone. «Oh, no, non ci riuscirai! Non mi scavalcherai in questo modo! Hai la schiava Briseide, bella come ogni altra da noi catturata, bella come la mia Criseide. Vuoi solo tenerti stretto il tuo premio, mentre io resto a mani vuote! Scordatelo! Preferisco cedere il comando dell’esercito ad Aiace, qui, o a Idomeneo o all’astuto Odisseo o a te, Achille, perfino a te, anziché farmi truffare a questo modo.»

«Cedilo, dunque» replica Achille, beffardo. «È ora che qui ci sia un vero capo.»

Agamennone diventa paonazzo. «Bene. Porta una nera nave giù al mare e riempila di uomini ai remi e di vittime da sacrificare agli dèi e prendi pure Criseide, se osi, ma dovrai essere tu a fare i sacrifici, Achille, uccisore di uomini. Sappi però che mi prenderò un risarcimento e che quel risarcimento sarà la tua bella Briseide.»

Achille ha il viso distorto dall’ira. «Spudorato! Porti una corazza d’impudenza e un manto d’avidità, vigliacco, faccia di cane!»

Agamennone muove un passo avanti, lascia cadere lo scettro e mette mano alla spada.

Achille lo imita e stringe l’elsa. «Verso di noi i troiani non hanno colpe, Agamennone, ma tu sì! Non sono stati loro a portarci su questa spiaggia, ma la tua stessa avidità. Combattiamo per te, colossale montagna di vergogna. Ti abbiamo seguito fin qui per riprendere ai troiani il tuo onore, tuo e di tuo fratello Menelao, un uomo che non è neanche capace di trattenere in camera da letto sua moglie…»

A questo punto Menelao avanza e pone mano alla spada. Condottieri e luogotenenti gravitano ora attorno all’uno o all’altro eroe e il cerchio si è frazionato in tre campi: quelli che combatteranno per Agamennone, quelli che combatteranno per Achille e quelli, raccolti intorno a Odisseo e a Nestore, che paiono tanto disgustati da ucciderli tutt’e due.

«Io e i miei uomini ce ne andiamo» grida Achille. «Torniamo a Ria. Meglio annegare, sconfitto, in una nave vuota diretta a casa che restare qui senza onore a riempire la coppa di Agamennone e ammassare il bottino per lui.»

«Bene, vattene!» grida Agamennone. «Diserta pure! Non ti supplico di restare e di combattere per me. Sei un grande guerriero, Achille, ma che vuol dire? È un dono degli dèi, non merito tuo. Tu ami la battaglia e il sangue e il massacro dei nemici, perciò prenditi i tuoi leccapiedi mirmidoni e vattene!» E sputa.

Achille trema realmente d’ira. È chiaro che è combattuto fra l’impulso di girare sui tacchi, prendere i suoi uomini e lasciare per sempre Ilio e l’irresistibile desiderio di sguainare la spada e sventrare Agamennone come una pecora sacrificale.

«Ma sappi questo, Achille» continua Agamennone, abbassando il tono di voce fino a ridurlo a un terribile bisbiglio che può essere udito da tutte le centinaia di guerrieri presenti. «Che tu vada via o resti, rinuncerò alla mia Criseide perché il dio, Apollo, insiste… ma avrò in cambio la tua Briseide. E ogni uomo qui presente saprà quanto è più grande Agamennone di quel bamboccio bizzoso di Achille!»

Qui Achille perde il controllo e afferra decisamente la spada. E qui l’ Iliade sarebbe terminata, con la morte di Agamennone o di Achille o di tutt’e due, e gli achei sarebbero salpati per tornare in patria ed Ettore si sarebbe goduto la vecchiaia e Ilio sarebbe rimasta in piedi per mille anni e forse ih gloria avrebbe rivaleggiato con Roma, se in quel momento dietro Achille non fosse comparsa la dea Atena.

La vedo. Achille ondeggia, col viso contorto dall’ira, e capisco che pure lui vede la dea. Nessun altro può vederla. Non so su che cosa sì basi la tecnologia del manto d’invisibilità, ma funziona quando la uso io e funziona anche per gli dèi.

No, capisco subito, non si tratta di semplice invisibilità. Gli dèi hanno di nuovo congelato il tempo. È il loro modo preferito per parlare ai loro beniamini umani senza che altri ascoltino di nascosto, ma l’ho visto accadere solo una decina di volte. Agamennone è a bocca aperta (vedo lo sputo a mezz’aria) ma non emette suono, non muove muscolo, non batte le palpebre. Lo stesso vale per tutti i presenti: impietriti, assorti o perplessi, congelati. In alto, un uccello marino in volo rimane a mezz’aria, immobile. Le onde s’increspano, ma non si frangono sulla spiaggia. L’aria è densa come melassa e tutti noi siamo congelati come insetti nell’ambra. L’unico movimento, nell’universo bloccato, proviene da Pallade Atena, da Achille e (anche se mi limito a sporgermi per udire meglio) da me stesso.

La mano di Achille è ancora sull’elsa della spada, sguainata in parte dal fodero magnificamente lavorato, ma Atena ha afferrato per i capelli l’eroe e l’ha girato fisicamente verso di sé; e Achille non osa adesso estrarre la spada. Un simile gesto sarebbe una sfida alla dea stessa.

Ma dagli occhi Achille manda lampi, più di follia che di sana ira, e grida nell’appiccicoso silenzio che accompagna i blocchi del tempo: «Perché? Maledizione, maledizione! Perché vieni a me proprio adesso, figlia di Zeus? Per vedere come Agamennone mi umilia?».

«Cedi!» dice Atena.

Se non avete mai visto un dio o una dea, posso solo dirvi che gli dèi sono più grandi del normale, alla lettera, poiché Atena è alta almeno due metri e dieci, più bella e più imponente di qualsiasi mortale. Presumo che nanotecnologia e laboratori di DNA ricombinante abbiano fatto gli dèi a questo modo. Atena unisce in sé caratteristiche di bellezza femminile, di autorità divina e di puro e semplice potere che nemmeno sapevo esistessero, prima di ritrovarmi di nuovo vivo all’ombra dell’Olimpo.

La dea continua a tenere per i capelli Achille, gli piega all’indietro la testa e lo costringe a girare le spalle all’immobile gruppo di Agamennone e dei suoi sostenitori.

«Non cederò mai!» grida Achille. Anche nell’aria congelata che rallenta i suoni e mette loro la sordina, la voce dell’uccisore d’uomini è forte. «Quel maiale che pensa d’essere un re pagherà con la vita l’arroganza!»

«Cedi» dice Atena per la seconda volta. «Era, la dea dalle bianche braccia, mi ha mandato dai cieli a fermare la tua ira. Cedi!»

Scorgo negli occhi impazziti di Achille un lampo d’esitazione. Era, moglie di Zeus, è nell’Olimpo la più potente alleata degli achei e protegge Achille fin dalla sua fanciullezza fuori del comune.

«Smetti subito di litigare!» ordina Atena. «Togli la mano dalla spada, Achille. Maledici Agamennone, se vuoi, ma non ucciderlo. Fa’ come ti ordiniamo e ti faccio una promessa — ed è la verità, Achille, perché vedo il tuo destino e conosco il futuro di tutti i mortali — ubbidisci ora e un giorno avrai in pagamento dell’offesa splendidi doni tre volte più generosi. Sfidaci e morirai all’istante. Ubbidisci a noi due, a Era e a me, e avrai la ricompensa.»

Achille fa una smorfia, si libera dalla stretta ai capelli, ha l’aria imbronciata, ma rinfodera la spada. Guardare lui e Atena è come guardare due sagome vive in un campo di statue. «Non posso sfidarvi tutt’e due, o dea» dice Achille. «Meglio che un uomo si sottometta al volere degli dèi, anche se l’ira gli spezza il cuore. Ma è giusto che gli dèi diano ascolto alle preghiere di quell’uomo.»

Atena arriccia le labbra nel più pallido dei sorrisi e scompare di colpo, si TQ di nuovo sull’Olimpo, e il tempo riprende a scorrere.

Agamennone è al termine dell’arringa.

Spada inguainata, Achille muove un passo nel cerchio vuoto. «Otre vestito da uomo!» grida. «Tu che hai occhi di cane e cuore di cervo. Tu, "duce" che mai ci hai guidato in battaglia, che mai hai preso parte alle imboscate insieme con i migliori achei, tu che manchi del coraggio di mettere al sacco Ilio e per fare bottino depredi invece le tende del suo esercito, tu, "re" che regni solo sui più buoni a nulla fra noi, tu avrai da me questa promessa, questo solenne giuramento…»

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