Fredric Brown - Incubo di Vargas

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Caquer digrignò i denti. Be’, c’era almeno una persona che avrebbe potuto aiutarlo. Costrinse la sua voce a rimanere calma.

— Mi passi il professor Gordon, Residenze Universitarie, — disse alla centralinista.

— Sissignore.

Ma lo schermo rimase buio sebbene per qualche minuto continuasse a lampeggiare la spia rossa che indicava che il cicalino era in funzione.

— Non risponde nessuno, signore.

Probabilmente Gordon e sua figlia dormivano troppo profondamente per sentire il cicalino. Per un istante, Caquer prese in considerazione l’idea di precipitarsi là. Ma era dall’altra parte della città e poi che aiuto avrebbero potuto offrirgli? Nessuno. E il professor Gordon era un vecchietto fragile e malato.

No, avrebbe dovuto… premette di nuovo il pulsante del visifono e un istante dopo parlava col custode dell’hangar delle astronavi.

— Mi tiri subito fuori l’apparecchio veloce del Dipartimento di Polizia, — scattò Caquer. — Lo prepari perché sarò lì a minuti.

— Mi spiace, tenente, — fu la secca risposta. — Tutti i raggi d’energia diretti verso l’esterno sono stati interrotti per ordine speciale. Tutte le unità dovranno rimanere a terra per tutta la durata dell’emergenza.

Avrebbe dovuto immaginarselo, pensò Caquer. Ma che ne sarebbe stato dell’investigatore speciale inviato dall’ufficio del Coordinatore? — Le astronavi in arrivo hanno ancora il permesso di atterrare? — domandò.

— Hanno il permesso di atterrare, ma non di ripartire senza un ordine speciale, — rispose la voce.

— Grazie, — disse Caquer. Spense lo schermo e usci dal locale, alla luce dell’alba. C’era ancora una speranza. Forse l’investigatore speciale avrebbe potuto aiutarlo.

Ma lui, Rod Caquer, avrebbe dovuto intercettarlo, raccontargli tutta la storia e le sue implicazioni, prima che potesse cadere, come gli altri, sotto l’influenza della Ruota di Vargas. Caquer si avviò rapidamente verso il terminal. Forse era troppo tardi. Forse l’astronave dell’investigatore era già atterrata e il danno era stato fatto.

Di nuovo passò davanti a una folla di gente raccolta attorno a un oratore isterico. Ormai dovevano essere quasi tutti sotto influenza ipnotica. Ma come mai lui era stato risparmiato? Come mai non c’era anche lui sotto quella malvagia influenza?

È vero che nel momento in cui Skidder andava in onda, lui doveva essere per strada, diretto alla stazione di polizia, ma questo non spiegava tutto. Non era possibile che tutta quella gente avesse visto e sentito la trasmissione. A quell’ora doveva pure esserci stato qualcuno che dormiva.

E poi anche lui, Caquer, aveva subito l’influenza ipnotica la sera prima, la sera dei sussurri. E doveva essere stato sempre sotto l’influenza della ruota quando aveva compiuto la sua indagine sul delitto… anzi, i delitti.

Come mai, allora, adesso lui era libero? Era lui l’unico o ce ne erano altri che erano sfuggiti all’effetto Vargas ed erano assolutamente normali?

Ma se era lui l’unico, come mai allora era libero?

Ma lo era davvero?

Non poteva magari darsi che quanto faceva adesso, lo facesse sotto costrizione in base a un piano preordinato?

Ma non c’era senso a pensarci adesso per impazzire. L’unica cosa che poteva fare era agire per il meglio e sperare che la realtà fosse, nel suo caso, proprio quella che gli sembrava.

Poi si mise a correre perché davanti a lui c’era l’area aperta del terminal e una piccola astronave argentea stava atterrando in quel momento. Un piccolo apparecchio veloce ufficiale… doveva appunto essere l’investigatore speciale. Caquer girò attorno all’edificio del check-in, attraversò il cancello nella rete di filo metallico e corse verso l’astronave che aveva già toccato terra. La porta si stava aprendo.

Un ometto segaligno scese dall’astronave e chiuse il portello dietro di sé. Quando vide Caquer sorrise.

— Lei è Caquer? — chiese con simpatia. — L’ufficio del Coordinatore mi ha inviato qui per indagare su un caso che vi ha messo in difficoltà. Il mio nome è…

Il tenente Rod Caquer fissava affascinato e inorridito il viso ben noto dell’ometto, il porro che aveva a lato del naso, e aspettava il seguito che stava per aggiungere quell’uomo…

— …è Willem Deem. Possiamo andare nel suo ufficio?

7. Ruote dentro ruote

Questo era davvero troppo per chiunque!

Il tenente Rod Caquer, appartenente alle forze di polizia del Settore Tre, aveva ormai superato ogni limite. Come si può indagare sull’omicidio di un uomo che è stato ucciso due volte? E come dovrebbe comportarsi un poliziotto quando la vittima ricompare viva e vegeta per aiutarvi a risolvere il caso?

Neanche quando sai che in realtà non è il… o se lo è, non è quello che i tuoi occhi ti dicono che sia e non dice ciò che i tuoi orecchi sentono.

C’è un punto al di là del quale la mente umana non può più funzionare come si deve e quando si passa oltre quel punto ogni persona reagisce in modo diverso.

La reazione di Rod Caquer fu di un’improvvisa e cieca collera. Diretta, per mancanza di un miglior obiettivo, contro l’investigatore speciale, ammesso che lo fosse e non si trattasse solo di un fantasma ipnotico che nella realtà non esisteva.

Il pugno di Rod Coquer si avventò fulmineo e si scontrò col mento dell’uomo. Il che non dimostrò niente, eccetto che se l’ometto appena sceso dall’astronave era un’illusione, era un’illusione tangibile. Il pugno di Rod esplose contro quel mento come una bomba e l’ometto barcollò e cadde in avanti. Sempre sorridente, perché non aveva neppure avuto il tempo di mutare espressione.

Cadde a faccia in giù e poi rotolò per terra, con gli occhi chiusi, sorridendo amabilmente al cielo che andava rischiarandosi.

Caquer si chinò tremando sull’uomo e gli posò una mano sul davanti della camicia. Si, il cuore batteva regolarmente. Per un momento, Caquer aveva temuto di avere ucciso quell’uomo con quel pugno.

Poi Caquer chiuse deliberatamente gli occhi e tastò con la mano il volto dell’uomo e il volto rispose al tatto confermandogli che era proprio il viso di Willem Deem. Sotto le dita senti il rilievo del porro sul naso, così come gli era apparso alla vista.

Due uomini erano usciti di corsa dall’ufficio del check-in e attraversavano il campo nella loro direzione. Rod colse l’espressione dei loro visi e poi pensò al piccolo apparecchio a pochi passi da lui. Doveva uscire dalla Città del Settore Tre per avvertire qualcuno di quanto stava succedendo prima che fosse troppo tardi.

Se solo avessero mentito riguardo il raggio d’energia che era stato interrotto nell’emissione verso l’esterno. Con un salto scavalcò il corpo dell’uomo che aveva colpito, salì di corsa a bordo dell’astronave e manovrò i comandi. Ma l’astronave non rispose. No… decisamente non avevano mentito riguardo quel raggio.

Non aveva senso rimanere lì per combattere una lotta che non poteva decidere niente. Allora uscì dalla porta dell’astronave, dalla parte opposta a quella da cui arrivavano i due uomini e corse verso la rete metallica.

Quella rete era elettrificata. Non abbastanza da uccidere un uomo, ma abbastanza da tenerlo attaccato finché non fossero arrivati gli uomini con i guanti di gomma a tagliare il filo e portarlo via. Ma se il raggio d’energia era interrotto, allora probabilmente era stata interrotta anche la corrente della rete.

L’ostacolo era troppo alto per superarlo con un balzo, per cui dovette rischiare. Fortunatamente la corrente era stata tolta. Caquer scavalcò la rete senza intoppi, mentre i suoi inseguitori si fermavano e tornavano indietro per occuparsi dell’uomo caduto accanto all’astronave.

Caquer smise di correre e si mise a camminare, ma continuò senza fermarsi. Non sapeva dove andare, ma sapeva che doveva continuare a muoversi. Dopo un po’ si accorse che i suoi passi lo stavano conducendo verso il limitare della città, sul lato nord, verso Callisto City.

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