Various - La vita Italiana nel Risorgimento (1849-1861), parte III
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La vita Italiana nel Risorgimento (1849-1861), parte III: краткое содержание, описание и аннотация
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Alla Toscana ci richiamano le prime prove di Luigi Alberti, che nel '58 raccolse i suoi Studi drammatici , dove nulla è più che mediocre, ma il mediocre non è almeno di cattiva lega. Val troppo meglio di lui, Tommaso Gherardi del Testa. Poco ormai, e assai di rado, se ne rappresenta; e Il vero blasone , Oro e orpello , Moglie e buoi dei paesi tuoi , La vita nuova , che sono le migliori commedie di lui, escono dal limite cronologico di questa lettura: oggi (m'insegna Piero Barbèra, amico suo ed editore postumo) si vendono alcune di quelle tenue azioni, schiettamente dialogate, solo come libri su cui in Inghilterra s'insegna la buona conversazione italiana: il che, per lo meno, conferma una stima nobilmente meritata e saldamente fermata. Cominciò a mettersi innanzi nel '46; nel '48 combatte, fu prigioniero; tornato, si pose a rappresentare, non di ardite linee nè di colori vivaci, ma di paziente e corretta matita, la società toscana che si vedeva intorno, cioè la borghesia quieta e un po' gretta. Non è risata la sua, è appena un sorriso; ma non vi stanca ne nausea mai. È una verità piccina la sua; ma è verità.
Se il bravo Luigi Suñer avesse, dopo le prime prove felici, seguitato l'esercizio del fare, in cambio di restringersi a quello del consigliare gli altri, con drittura e con sagacia, quanto volentieri vi parlerei, a questo punto, di lui, che tanto prometteva! Ma mi conviene tacerne anche perchè l'opera sua si svolse da Spinte o sponte a Ogni lasciata è persa , dal 1860 in poi.
Due sovrastano: Paolo Giacometti e Paolo Ferrari. Il Giacometti ebbe dalla natura una forza drammatica come pochi; e lavorò indefessamente come pochi. Nato nel 1816, si diè giovanissimo al teatro, seguendo le compagnie e scrivendo durante più anni, per centoventi svanziche al mese, cinque sei lavori ogni anno; onde ottanta fra commedie, tragedie, drammi! Quando nell'82 morì, poteva vantarsi non tanto di avere scritto così in fretta, quanto di avere, anche in quella corsa, rispettato sè stesso e l'arte. Nel 1841, per esempio, diede Un poema e una cambiale , Cristoforo Colombo , Il poeta e la ballerina , Quattro donne in una casa! cioè del cattivo, del mediocre, del buono, non del pessimo. La morte civile , che anche oggi, rappresentata dal Novelli, ci commuove, è del 1861; la pose in scena, a Fermo, Cesare Dondini. Successore di Alberto Nota come scrittore nella Compagnia Reale Sarda, gli fa perfetto contrapposto; quegli un grave impiegato, questi un artista vagabondo: e, del pari, quegli compassato e monotono, questi multiforme e diseguale. Quanto a potenza di fare, non è possibile tra i due neppure il parallelo; ma per la felicità dell'esecuzione, come al Nota avrebbe giovato la mano rapida e audace del Giacometti, così al Giacometti un poco almeno della correttezza e agghindatura del Nota. Nondimeno, abbia pure parecchi difetti e sieno gravi, La morte civile offre scene mirabili. E nella storia del nostro teatro al Giacometti non potrà non spettare un luogo notevole anche perchè, prima di Paolo Ferrari, per due o tre decennii fu egli l'unico che avesse sortito dalla natura tutte quante le doti precipue che fanno il drammaturgo intiero; il senso del comico e del tragico insieme, il movimento dell'azione e del dialogo, la virtù del riconnettere le parziali osservazioni a un concetto superiore.
Di questo ultimo pregio Ferdinando Martini gli fece un'accusa; perchè a lui, nel teatro, non sembra un pregio. Discorrere di ciò con lui è attribuire a lui la vittoria e a sè la sconfitta, perchè pochi sono così destri dialettici e così arguti ragionatori: se non che, dentro me, rimango dell'opinione mia, e concedendo che una tesi, per eccellente che sembri agli occhi del moralista o del sociologo, non rese mai nè sia mai per rendere buono un dramma male ideato per l'arte, sempre più con gli anni son venuto nell'opinione che si onora del Manzoni e del Mazzini, quanto all'essenza etica che deve costituire quasi direi l'anima onde le membra del dramma si agitano vitali. Poco importa, pel giudizio dell'esecuzione, se la tesi sia o no giusta in sè; basta che giusta la creda chi la sostiene: in tale sua fede è il calore che dalla mente dell'artista passa nell'opera sua e la fa sorgere e muovere.
L'amore delle tesi nocque, non è dubbio, a Paolo Ferrari nell'ultimo svolgimento del suo teatro: ma la colpa non fu di esso amore, fu della maniera di costrurre il dramma sopra una tesi prestabilita, in cambio d'incarnare un concetto morale nei personaggi organicamente. Nè dir concetto morale è lo stesso come dire tesi; e la vita rappresentata con onesta schiettezza porge sempre da sè medesima un insegnamento, tanto meno volgare quanto più acuta e profonda sia stata l'osservazione.
Del Ferrari, al quale spetterà, io credo, un'intiera lettura nella serie che la benemerita Società vorrà forse darci l'anno venturo, non ho tempo di parlarvi come egli si meriterebbe; tanto già nei primi anni del suo lavoro drammatico fece di bello e di buono. Non è molto che Giovanni Sforza ha edito e, come egli sa, illustrato Baltroméo calzolaro , una commedia in dialetto di Massa che il Ferrari compose in quella cara città nell'inverno del 1847-48, padroneggiando non pur quel dialetto, ma altresì, di primo impeto (come accade solo alle nature generose), il palcoscenico. Il Goldoni riviveva in quel giovane venticinquenne; il Goldoni delle Baruffe e del Campielo , stupendo fotografo della vita popolare. In alcune scene Baltroméo calzolaro è cosa perfetta. Ma curiosità singolare gli viene dall'esservi già dentro il nucleo anche di quel marchese Colombi, di gioiosa memoria, che avrà poi tanta parte in La Satira e Parini . Perchè il Ferrari tendeva intorno a sè l'occhio e l'orecchio; e non altrimenti notava gl'ingenui costumi ed affetti del calzolaio ubriacone, che gli spropositi del violinista Filippo Chelussi, marito d'una marchesa, e fattosi mecenate di bande cittadine. Bartolommeo, ne' fumi del vino, esclama, come aveva fatto più d'una volta costui, e come farà il marchese Colombi: – Oh! Tasso! oh! Tasso! io resto attonito e non posso attribuire. —
Innanzi di lasciargli rappresentare il suo grande emulo nella pittura de' costumi, Giuseppe Parini, volle il Goldoni dal suo discepolo Ferrari l'omaggio d'una commedia: e nel 1851 gli fece suggerire da un amico di leggere le Memorie sue. Queste inspirarono la commedia famosa in cui rivissero e il Goldoni e la sua Nicoletta e i gentiluomini e i critici veneziani del 1749 in una tale snellezza di scene e di dialogo, in una tale intima ed esterna comicità, che poche commedie nostre possono certo starle a pari. Donde scappassero fuori questa, esuberante di vita e di forza comica, e due o tre altre commedie del Ferrari rigogliose e promettenti, si chiese il Carducci, e rispose che non si saprebbe ben dire. E se il Carducci non lo seppe, davvero non posso dirvelo io. Fatto sta che doverono cooperarvi e infondervisi, alcun che dell'anima stessa del Goldoni assorbita dal Ferrari su dai volumi delle Memorie , l'indole nativamente comica di lui, alcun che degli esempii recenti francesi e italiani che ho accennati sopra. Resta a ogni modo dinanzi anche a me, non solo quell'«irreducibile» che gli estetici confessano a malincuore nell'analisi di qualsiasi opera d'arte, ma altresì un piccolo problema di critica storica che metterebbe il conto di tentare quando, non foss'altro, ne avessimo oggi il tempo e fosse questo il luogo più adatto.
Una poltrona storica è del 1853, La satira e Parini è del 1857, La medseina d'onna ragazza amalèda , in modenese, è del 1859. E come del Baltroméo calzolaro si ebbe poi la riduzione in lingua letteraria (troppo letteraria) nel Codicillo dello zio Venanzio , così la vispa commediola modenese dovè adattarsi all'italiano nella Medicina d'una ragazza malata . L'aver maneggiato i dialetti giovò, comunque sia, al Ferrari, per la realtà dell'azione, per la vivezza del dialogo: chè il raccostarsi al popolo, come dà forza per tanta parte della vita sociale e morale, così anche per la vita artistica porge utili consigli e una vigoria schietta e fresca. La satira e Parini , se non vale forse quanto Goldoni e le sue sedici commedie , restò bell'esempio di commedia storica in versi, e ha gettato nella memoria di tutti un personaggio, il marchese Colombi, co' suoi proverbiali spropositi.
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