Various - Gli albori della vita Italiana

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Le Origini dei Comuni Italiani . Parlar di Milano fu per lui facile assunto, e più facile ancora incatenare gli uditori con parola fluida ed ornata. Alto della persona, con una voce baritonale, col gesto largo e l'aspetto d'un padre nobile, riaffermò la riputazione ormai assodata di parlatore valente. Venezia e le repubbliche marinare era la seconda parte del tema sulle Origini dei Comuni e toccò a Pompeo Gherardo Molmenti, che la trattò con finezza d'artista e con quella signorile eleganza ch'egli sa mettere in ogni cosa. La terza parte: Firenze , fu il trionfo del Villari che, come pensatore profondo, come oratore appassionato ed efficace, ebbe un de' maggiori successi di che possa andar lieto. Salito sulla cattedra, riuscì subito ad affascinare il pubblico con la vivezza del dire improvviso e la chiarezza del ragionamento. Il Villari non è un dicitore studiato: la sua eloquenza è tutta cose, e prorompe dalla profondità del sentimento, dalla convinzione della verità di quanto afferma. Lo chiamerei un oratore all'inglese, perchè appunto sdegna i piccoli artifizi della rettorica e, come il suo grande maestro De Sanctis, fa consistere tutta l'arte nella sincerità e nell'onestà del pensiero.

Le Origini del comune di Firenze , che posson credersi un soggetto arido e freddo, appena tollerabile per un erudito, furono per lui tema di splendide considerazioni storiche, dalle quali assurse a concetti nobilissimi sulla società umana e sulla moralità sociale. Gli uditori scaldati a quell'onda di vivide e calde parole, salutaron con applausi entusiastici l'illustre autore del Savonarola , del Machiavelli e delle Lettere Meridionali che avea trovato in quell'ora, dinanzi a così eletta adunanza, le note più squillanti e più umane della sua eloquenza d'artista.

Alle Origini dei Comuni successero le Origini della Monarchia in Piemonte ed a Napoli . Dovea parlare del Piemonte Giuseppe Giacosa; ma, impeditone da malattia, fu sostituito egregiamente dal Bonfadini che ebbe un'altra volta liete e cordiali accoglienze. Di Napoli lesse più tardi, quando fu rimesso in salute, Ruggiero Bonghi che svolse il tema al solito con molta e soda dottrina.

Le origini del Papato e del Comune di Roma dettero modo ad Arturo Graf, al poeta di Medusa , all'autore del Diavolo , professore nell'Università di Torino, di mostrare com'egli sappia accoppiare una straordinaria cognizione dei fatti con una non comune facilità d'esposizione. Pio Rajna, la cui dottrina di filologo è pari soltanto alla nobile rigidità del carattere, parlò delle Origini della lingua Italiana con autorità di scienziato e con garbo di artista, rendendo accessibili le più difficili ed intricate questioni. A Francesco Schupfer le Università Italiane ed il Diritto dettero agio di esporre molte nuove e sapienti vedute intorno al grave e importante argomento. Il professor Felice Tocco, parlando da maestro degli Ordini religiosi e dell'eresia , confermò la sua fama di pensatore originale e profondo e di geniale espositore.

Le due letture che seguirono, quella del professore Adolfo Bartoli sulle Origini della Letteratura Italiana e quella di Enrico Panzacchi, furono, con l'altra del Villari, giudicate bellissime fra le più belle di questa serie. Il Bartoli lesse, con limpida dizione, alcune splendide pagine che compendiano mirabilmente quant'egli ha scritto in molti e pensati volumi. Il Panzacchi con una calda improvvisazione trattò delle Origini dell'arte nuova , e il poeta bolognese non fu mai come quel giorno ispirato ed eloquente. Quando ebbe finito gli fu fatta una vera ovazione, e le signore lo circondarono come volessero rapirlo.

Una bella lettura del prof. Giacomo Barzellotti sulla Filosofia e le scienze nel periodo delle origini , in cui con forma chiara ed artistica si spiegano i più astrusi problemi onde le menti umane erano allora affaticate, e un meraviglioso Epilogo di tutte le dodici letture, nel quale Ernesto Masi dimostrò d'essere ad un tempo pensatore profondo e dicitore elegante, chiusero la Prima serie dedicata agli Albori , il 19 di aprile.

Quel giorno un cartoncino stampato con tutti i lenocinii dell'arte e distribuito alle ascoltatrici e agli uditori plaudenti, annunziava per l'anno venturo una nuova serie di letture sulla Vita Italiana nei secoli XIII e XIV . Il roseo manifesto porta anche la firma del marchese Carlo Ginori chiamato, per le sue benemerenze, a far parte della Società promotrice di pubbliche letture .

Così andò, e – lasciatemelo dire – andò proprio bene!

Guido Biagi.

PRELUDIO

DI
OLINDO GUERRINI

Quando, egregie signore e signori, quando l'autore ha compiuto l'opera, allora comincia a pensare alla prefazione. Così il signore Iddio, dopo aver creato dal nulla l'Universo, pensò alla prefazione – all'uomo – e lo creò ultimo, a propria imagine e somiglianza. Ma il pubblico, che non è iniziato ai misteri della tecnica d'arte, e ignora, per fortuna sua, con quali artifizi si costruiscono un libro o un dramma musicale, crede ingenuamente che l'opera sia stata pensata ed eseguita in quella stessa successione di tempi e di idee in cui la trova disposta. Crede cioè che l'autore abbia cominciato dal principio e finito colla fine; e che la prefazione o il preludio, che stanno sul limitare del libro o del dramma, sieno stati i primi, in ordine cronologico, ad esser composti.

E il buon pubblico erra. Che se, del resto, ragionasse soltanto per analogia, si convincerebbe subito che una gran parte delle faccende di questo mondo, contro ogni canone apparente di logica, non cominciano dal principio. Sembra un paradosso, ma è un fatto di tutti i giorni. Quante spese, per esempio, fatte prima d'avere i denari! Tutta la teoria del credito è fondata appunto su questa facoltà particolare dell'uomo di poter cominciare dalla fine. Quanti dottori esercitano la professione prima d'averla studiata; quanti sonetti si cominciano a scrivere dall'ultimo verso, quanti romanzi si cominciano a leggere dall'ultimo capitolo. Quante affermazioni prima della certezza, quanti giuramenti prima della convinzione, quante nozze prima dell'amore! L'uomo è un essere perfettamente illogico; il che lo distingue dai bruti.

Nel caso nostro poi è legge di natura, fatale come quella della gravità, che la prefazione debba esser fatta dopo il resto. Nella prefazione l'autore riassume il contenuto dell'opera, indica l'ordine, espone il metodo seguito e passa in rassegna le opinioni de' suoi colleghi sullo stesso argomento. Dimostra a luce meridiana, ciò s'intende, che tutti i colleghi e predecessori ebbero sempre torto marcio; pone delicatamente in dubbio lo stato delle loro facoltà mentali, la loro fedina criminale e il loro stato di famiglia, e dopo di averli spesso gratificati di molti ma non nobili titoli, passa a dimostrare la propria superiorità, la virtù propria, il proprio genio. Ora tutte queste operazioni espositive non possono esser condotte a bene che ad opera compiuta, quando l'autore ha finalmente un'idea chiara di quel che voleva fare e di quel che gli è riuscito di fare. Se la ciambella gli riuscì col buco egli la trasforma in altare e vi erige sopra un tempio nella prefazione, dove offre a sè medesimo la mirra e l'incenso, e fa la ruota in faccia agli ammiratori e tempera le saette per gli eterodossi. Se la ciambella poi, non che col buco, riuscì senza la minima traccia di soluzione di continuità, allora l'autore, come potete credere, fa precisamente lo stesso, si erige l'altare, si fabbrica il tempio e gratifica sè stesso dei più puri e più grati incensi della rettorica. Poichè, dal giorno in cui fu trovata questa meravigliosa e matta arte dello scrivere, non fu mai scrittore persuaso di aver fatto un brutto libro. Che se mai ne nascesse un solo, in verità vi dico, che in quel giorno il sole si oscurerà perchè sarà prossimo il giudizio universale.

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