“Nella stessa zona dei Kurtz e degli Sterling?”
“È qui che la cosa si fa promettente” disse Dagney. “Uno dei casi in cui c’è stata violenza sessuale si è verificato nello stesso gruppo di villette a schiera dove vivevano i Kurtz.”
“Abbiamo un indirizzo dove trovare questo tizio?”
“Sì, lavora in un’officina. Una piccola. E abbiamo la conferma che in questo momento si trova lì. Il suo nome è Mike Nell.”
“Mi mandi l’indirizzo e andrò a parlare con lui. Si sa niente dei registri finanziari richiesti da Harrison?” chiese Mackenzie.
“Non ancora. Ma se ne stanno occupando alcuni dei nostri uomini. Non dovrebbe volerci molto.”
Mackenzie chiuse la telefonata e fece del proprio meglio per lasciare a Harrison un momento per il suo dolore. Adesso aveva smesso di piangere, ma stava chiaramente facendo uno sforzo per ricomporsi.
“Grazie” disse Harrison asciugandosi una lacrima dal viso.
“Per cosa?” replicò Mackenzie.
Lui si strinse nelle spalle. “Per aver chiamato McGrath e l’aeroporto. Mi dispiace per questo fastidio nel bel mezzo di un caso.”
“Non è un fastidio” disse lei. “Harrison, mi dispiace tanto per la tua perdita.”
Poi la macchina si fece silenziosa e, che le piacesse o meno, la mente di Mackenzie scivolò nuovamente in modalità lavorativa. Da qualche parte là fuori c’era un assassino, che apparentemente voleva vendicarsi delle coppie felici. Forse la stava aspettando proprio in quel momento.
E Mackenzie non vedeva l’ora.
Lasciare Harrison al motel fu una sensazione dolceamara. Mackenzie avrebbe voluto fare di più per lui, o almeno offrirgli qualche altra parola di conforto. Alla fine, invece, si limitò a salutarlo con un abbozzato cenno della mano mentre lui saliva nella sua stanza a fare le valigie e chiamare un taxi che lo portasse in aeroporto.
Una volta che si fu chiuso la porta alle spalle, Mackenzie inserì nel navigatore l’indirizzo che Dagney le aveva inviato. L’Officina Lipton era precisamente a diciassette minuti di strada dal motel, quindi si mise subito in marcia.
Essere da sola in macchina era strano, ma cercò di distrarsi con il paesaggio che offriva Miami. Era diversa da tutte le altre città di mare dov’era stata. Mentre le città più piccole situate vicino alla spiaggia davano l’impressione di essere sabbiose e quasi sbiadite, tutto a Miami pareva splendere e luccicare nonostante la vicina sabbia e gli spruzzi salati dell’oceano. Qua e là vide edifici che parevano fuori luogo, trascurati e derelitti, il che servì a ricordarle che ogni cosa aveva i suoi difetti.
Arrivò all’officina prima di quel che pensava, poiché si era distratta osservando la città. Parcheggiò in uno spazio affollato di auto e fuoristrada rotti che erano stati evidentemente saccheggiati in cerca di pezzi di ricambio. Sembrava uno di quei posti perennemente sull’orlo del fallimento.
Prima di entrare, Mackenzie osservò sommariamente il posto da fuori. Davanti c’era un ufficio fatiscente, al momento incustodito. L’officina annessa aveva tre scomparti, dei quali solo uno conteneva un’auto; era sul ponte, ma non sembrava che qualcuno ci stesse lavorando. Nell’officina, un uomo rovistava in una cassetta degli attrezzi. Un altro si trovava più in fondo, in piedi su una scaletta, intento a frugare tra vecchie scatole di cartone.
Mackenzie andò dall’uomo più vicino a lei, quello alla cassetta degli attrezzi. Doveva essere sulla quarantina, con i capelli unti che scendevano fino alle spalle. Sul viso aveva una lanugine che non poteva definirsi propriamente barba. Quando la vide avvicinarsi, le fece un gran sorriso.
“Ehi, dolcezza” disse con un lieve accento del sud. “Come posso aiutarti?”
Mackenzie gli mostrò il distintivo. “Prima di tutto, può smettere di chiamarmi dolcezza . Poi potrebbe dirmi se per caso è lei Mike Nell.”
“Sì, sono io” disse l’uomo, osservando il distintivo quasi con timore. Quindi tornò a guardarla in viso, come cercando di decidere se si trattasse di uno scherzo.
“Signor Nell, vorrei farle…”
L’uomo si voltò rapidamente e la spinse. Con forza . Mackenzie incespicò all’indietro e finì con i piedi contro uno pneumatico che era a terra. Mentre cadeva sul sedere, intravide Nell scappare. Stava uscendo di corsa dall’officina, guardandosi alle spalle.
La situazione è precipitata subito , pensò. Di sicuro è colpevole di qualcosa .
Il suo istinto l’avrebbe spinta a impugnare la pistola, ma questo avrebbe solo provocato un gran caos. Così si rialzò per partire all’inseguimento. Nel farlo, con la mano toccò un oggetto che era stato lasciato a terra. Era una chiave inglese, forse quella usata per rimuovere lo pneumatico sul quale era inciampata.
La raccolse e si mise subito in piedi. Si precipitò fuori dall’officina e vide Nell sul marciapiede, che stava per attraversare la strada. Mackenzie guardò velocemente a destra e a sinistra poi, vedendo che non c’erano macchine in arrivo, portò indietro il braccio.
Lanciò la chiave inglese con tutta la sua forza, facendole percorrere i cinque metri che la separavano da Nell e colpendolo in pieno alla schiena. L’uomo emise un grido di dolore e sorpresa prima di barcollare in avanti e cadere in ginocchio, finendo quasi di faccia a terra.
Mackenzie lo raggiunse di corsa, premendogli un ginocchio sulla schiena, senza lasciargli nemmeno il tempo di provare a rimettersi in piedi.
Gli bloccò le braccia dietro la schiena con presa ferrea. L’uomo tentò di divincolarsi, poi però si accorse che il movimento non avrebbe fatto altro che aumentare il dolore, dato che aveva le spalle tirate all’indietro. Con una rapidità che ormai aveva sviluppato grazie a mesi di pratica, Mackenzie prese un paio di manette dalla cintura e le schiaffò ai polsi di Nell.
“È stata una mossa stupida” gli disse. “Volevo solo farle qualche domanda… ma ho già avuto la risposta che cercavo.”
Nell non disse nulla, ma si arrese all’idea di non poterle sfuggire. Mentre li superavano delle macchine, li raggiunse di corsa l’altro uomo dell’officina.
“Che cavolo significa?” chiese.
“Il signor Nell ha appena aggredito un’agente dell’FBI” disse Mackenzie. “Temo che non potrà completare il suo turno di lavoro.”
***
Mackenzie osservò Mike Nell dal finto specchio nella stanza di fianco a quella degli interrogatori. Appariva nervoso e imbarazzato e aveva ancora in volto la stessa smorfia da quando Mackenzie l’aveva fatto rialzare da terra ammanettato davanti al suo datore di lavoro. Si mordeva nervosamente un labbro, il che era un segnale che probabilmente sentiva il bisogno di una sigaretta o un drink.
Mackenzie smise di osservarlo per studiare il fascicolo che aveva in mano. Raccontava la breve ma problematica storia di Mike Nell, scappato di casa a sedici anni, arrestato per piccoli furti e violenza aggravata per la prima volta a diciotto. Gli ultimi dodici anni della sua vita ritraevano un perdente problematico: aggressione, furto, effrazione, qualche soggiorno in prigione.
Al fianco di Mackenzie, Dagney e il capitano Rodriguez osservavano Nell con un’espressione vicina al disprezzo.
“Suppongo che lo abbiate visto molte volte in passato?” domandò Mackenzie.
“Già” disse Rodriguez. “E per qualche motivo, i giudici continuano a fargli una tirata d’orecchi e basta. La pena più lunga che ha scontato è quella per cui è appena uscito con la condizionale, e anche quella è stata solo di un anno. Se salta fuori che questo coglione è responsabile degli omicidi, i giudici dovranno mettersi la coda tra le gambe.”
Mackenzie passò il fascicolo a Dagney e si avviò alla porta. “Bene, adesso vediamo cos’ha da dirci” disse.
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