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Kate Wilhelm: La casa che usside

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Kate Wilhelm La casa che usside
  • Название:
    La casa che usside
  • Автор:
  • Издательство:
    Mondadori
  • Жанр:
  • Год:
    2004
  • Город:
    Milano
  • Язык:
    Итальянский
  • Рейтинг книги:
    4 / 5
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«Sono d’accordo con te, ma a che proposito?»

«Bruce ha preso nota di eventuali oggetti spariti dalla sua stanza, giusto? La balena blu che dice essere scomparsa, per esempio.»

«Ho paura di sì. L’inventario offre una scappatoia a chiunque in quella casa. Supponiamo che scompaia il leone marino di ghisa. Se Bruce dicesse: "Non so di cosa stiate parlando. Non l’ho mai visto" chi potrebbe provare il contrario?»

«Ma perché darsi la pena di scambiare i soprammobili? Perché non lasciare semplicemente l’oggetto in questione nella camera di Milton, dove già si trovava?» Constance si fermò poi disse: «Oh, capisco, hai ragione. Dev’essersi trattato per forza del portacenere. Sappiamo che Milton l’ha usato. Sarebbe risultato mancante anche se non fosse stata rilevata la scomparsa di nessun altro oggetto.»

Charlie rise nel vedere lo sguardo annoiato di Constance. Il cibo aveva avuto un effetto prodigioso sull’umore di Charlie, e la distanza da Smart House aveva contribuito. Ritornò nuovamente sull’orario che lui e Constance avevano elaborato riguardo agli spostamenti avvenuti durante il gioco la notte in cui c’erano state le due prime vittime.

Constance osservava il luccichio dell’oceano che saliva e scendeva in un eterno movimento. Il problema era che chiunque avrebbe potuto uccidere Milton e poi rimettere tutto in ordine, mentre nessuno aveva avuto modo di uccidere Gary e Rich. Constance annuì, era esattamente quello il problema. Perché Rich Schoen non aveva reagito, non aveva lottato per difendersi? Perché Gary si era fatto spingere nella vasca idromassaggio senza trascinare con sé anche l’altra persona? Forse l’ipotesi di Dwight dei due aggressori era l’unica plausibile. Forse, invece, alla fine i due corpi erano stati spostati, così come era accaduto per Milton. Le indagini della polizia avrebbero potuto essere state compiute in modo approssimativo, poteva essere stato commesso uno sbaglio. Constance aggrottò le sopracciglia rivolta verso l’oceano Pacifico. Per quanta approssimazione ci potesse essere, nessuno avrebbe potuto scambiare una morte per annegamento per qualcos’altro. Borbottò a bassa voce un altro "dannazione", e Charlie le prese la mano.

«Andiamo a fare una passeggiata sulla spiaggia» le propose. «Torneremo alle cinque e mezzo per incontrare Dwight.» Il tono della sua voce era basso, estremamente tranquillo, tanto da farle pensare che fosse affaticato.

«Charlie! L’hai capito!»

«Non ancora, non ancora. Voglio rifletterci su. Camminiamo un po’.»

Camminavano fianco a fianco senza parlare, e Constance sapeva perfettamente che Charlie non stava prestando alcuna attenzione alla spiaggia. Quando si trovava in quello stato poteva continuare a camminare senza avvertire la minima fatica, o ripetere solitari all’infinito, oppure guidare per centinaia di chilometri. Quello che non riusciva a fare era restarsene seduto a non fare niente. Era come se dovesse dare un’occupazione al suo corpo, e gettarcisi a capofitto per non rischiare che in quei momenti la parte del suo cervello preposta alle varie funzioni di controllo intralciasse i suoi ragionamenti.

I bambini giocavano sulla sabbia, correvano avanti e indietro con secchielli d’acqua, costruivano castelli, fortini. Qualche adolescente sguazzava beato in mare, ma nessuno di loro nuotava con impegno. Le onde, sebbene il mare si stesse ritirando, erano troppo impetuose, l’acqua troppo fredda anche in agosto. L’aria sapeva di ozono, profumava di buono, di pulito, ed era piacevolmente fresca sebbene il sole fosse caldo. Quanti contrasti, quante contraddizioni, pensò Constance. Incontrarono altre persone che passeggiavano sulla spiaggia, e queste sorrisero, annuirono, li salutarono. Constance rispose a ognuna, mentre Charlie continuava a essere immerso nei suoi pensieri. Alcune delle persone che correvano lungo il mare li raggiunsero e li superarono lasciando sulla sabbia bagnata delle orme profonde, e Constance pensò a come Sherlock Holmes esaminandole sapesse dire l’altezza e il peso di una persona, o riuscisse ad affermare con certezza se trasportava qualcosa o qualcuno.

Rientrarono al ristorante solo pochi minuti prima di Dwight che al suo arrivo si mostrò stanco, irritabile e affamato. Charlie e Constance avevano sete e stavano già bevendo delle birre, e mentre Dwight a sua volta ordinava un panino e una birra, Charlie fece un veloce schizzo su un tovagliolo.

«Ancora niente?» domandò Constance a Dwight.

Dwight scosse la testa. «Oh, una novità c’è» disse con grande amarezza. «Harry Westerman e la moglie mi hanno fatto contattare dal loro avvocato che mi ha ordinato di portare via i miei uomini da Smart House e di lasciare andare a casa quella povera gente.»

«Che sfortuna» disse Charlie senza troppa convinzione. Terminò lo schizzo, lo osservò un istante poi lo girò in modo che Dwight potesse vederlo.

«Guardi» disse Charlie indicando tre rettangoli. «Questo grosso affare è l’ascensore principale, accanto c’è quello segreto, e l’ultimo piccolo pozzo è per il montavivande. Nonno, papà e bambino, uno accanto all’altro.»

In quel momento l’atteggiamento di Charlie era talmente compiaciuto da risultare insopportabile, pensò Constance guardando alternativamente il marito e Dwight Ericson che invece sembrava aver indossato una maschera impenetrabile.

«Qui in fondo abbiamo la cella frigorifera» continuò Charlie. «Nella cella frigorifera c’è un’atmosfera controllata. Quindici per cento di ossigeno, un per cento di anidride carbonica e così via, tutto debitamente monitorato con allarmi e valvole di scarico nel caso in cui la situazione andasse fuori controllo. Il basso livello di ossigeno e l’alto livello di biossido di carbonio sono dati preimpostati e quindi non fanno scattare alcun allarme. E qui» disse indicando un punto con un piccolo scarabocchio «c’è un’apertura che va dal pozzo più piccolo, quello del montavivande, a quello dell’ascensore segreto, un buco di un paio di centimetri nel muro in basso. Praticamente tutta la tromba del piccolo ascensore segreto diventa parte del sistema ad atmosfera controllata della cella frigorifera.»

Dwight Ericson scuoteva la testa. «Abbiamo fatto dei calcoli, Charlie. Ci sarebbe voluto troppo tempo per saturare di biossido di carbonio un ambiente così grande o per aspirarne l’ossigeno. Nessuno di loro si è allontanato per un tempo sufficiente a compiere una simile operazione. E cosa pensa che abbiano fatto là dentro Gary e Rich, che abbiano semplicemente incrociato le braccia aspettando di morire per una o due ore? Avrebbero fatto un putiferio, e lei lo sa. Qualcuno li avrebbe sentiti urlare o battere sui muri.»

Charlie continuò tranquillamente. «Anch’io ho fatto dei calcoli. Se la cabina fosse stata sigillata ermeticamente, ci sarebbe voluta mezz’ora per far morire asfissiati due uomini per mancanza d’ossigeno. In pratica sono stati loro stessi a produrre anidride carbonica durante la respirazione. Vede però, non sono morti a causa del biossido di carbonio, e la cabina dell’ascensore non è sigillata ermeticamente. In basso c’è quell’apertura di cui parlavo poco prima, e in alto delle prese di ventilazione. Immaginiamo che quando i due entrano per qualche ragione nel piccolo ascensore e chiudono la porta, la cabina sia qui, al primo piano. Naturalmente nella cabina c’è dell’aria calda, e appena cominciano a scendere la ventilazione entra in funzione. L’aria fredda del pozzo dell’ascensore comincia a sostituire l’aria calda, e la piacevole aria calda comincia a salire portando con sé l’ossigeno. Quando siamo entrati alla cabina, abbiamo provato tutti e tre le stesse sensazioni: un senso di umidità, di freddo, di oppressione. Poi abbiamo aperto la porta e siamo usciti. Ritornando al mio ragionamento, invece, prima che la cabina arrivi nel seminterrato l’aria è stata cambiata un paio di volte. L’aria pulita è uscita completamente ed è entrata solo aria viziata. Normalmente questo fatto non si nota nemmeno, dal momento che aprendo la porta entra immediatamente dell’aria pulita. Ipotizziamo invece che quella volta la porta non si sia aperta, e che la cabina si rimasta ferma in una sacca d’aria particolarmente nociva, con una concentrazione molto alta di biossido di carbonio e molto bassa di ossigeno. Lei sa cosa sono le sacche di anidride carbonica, di aria viziata, le concentrazioni di aria contaminata?»

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