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Ellery Queen: Il paese del maleficio

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Ellery Queen Il paese del maleficio

Il paese del maleficio: краткое содержание, описание и аннотация

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Ellery Queen, il famoso giallista-detective, decide di trasferirsi nella pacifica cittadina di Wrightsville in cerca di tranquillità e colore locale per il suo prossimo romanzo; il posto sembra ideale, quieto fino alla noia, e gli abitanti sono una splendida fonte di ispirazione, con i loro tic e i piccoli vizi da provincia americana. Ellery passa il tempo leggendo e passeggiando, ma ama anche ascoltare le chiacchiere dei cittadini del piccolo centro. I pettegolezzi più gustosi ruotano intorno al matrimonio, improvviso quanto imprevedibile, tra la ricca Nora Wright e Jim, il giovane che anni prima l’aveva abbandonata a due passi dall’altare. Quando Nora inizia a soffrire di un male misterioso, l’intera città si trasforma in un covo di vipere e tutti sono pronti ad accusare l’uomo di avere avvelenato la moglie. Ma è possibile che Jim abbia sposato il suo antico amore solo per ucciderla? Naturalmente Ellery non riuscirà a scrivere una sola riga, impegnato come sarà a scoprire l’insospettabile verità nascosta dietro il primo delitto che la sonnacchiosa Wrightsville abbia conosciuto da molto tempo.

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«Oh, Carter, scusa. Il signor Smith, il signor Bradford.»

Bradford era un giovanotto alto, dal viso intelligente. Mentre gli stringeva la mano, Ellery ebbe l’impressione che fosse preoccupato. Si domandò se fosse preoccupato per il timore di lasciarsi sfuggire la signorina Patricia Wright, e in tal caso si sentì propenso a dargli pienamente ragione.

«Lei mi giudicherà certo una provinciale, signor Smith» disse Hermy «ma il suo arrivo, per me, è un grande avvenimento.»

«Penso che le sembreremo tutti provinciali, signor Smith» fece Carter Bradford. «Scrive opere di narrativa, oppure saggi?»

«Narrativa» rispose Ellery e, senza batter ciglio, registrò il tono ostile di Bradford.

«Sono proprio contenta» disse ancora Pat, squadrando di nuovo Ellery. Carter si accigliò. Il signor Queen rise beato.

«Penso io a mettere a posto questa stanza, mamma» fece la ragazza. «In seguito, signor Smith, quando avremo finito di affliggerla con la nostra presenza, potrà cambiare la disposizione dei mobili, senza aver paura di offenderci.»

Mentre osservava Pat Wright che riordinava la casa sotto lo sguardo vigile e sospettoso di Carter Bradford, Ellery pensò: “Che il cielo mi mandi un malaugurio di questo genere ogni giorno! Carter, ragazzo mio, mi dispiace, ma non potrò fare a meno di coltivare la tua Pat!”.

Il buon umore del signor Queen non svanì quando Pettigrew ritornò con le valige, sventolando l’ultima edizione del Wrightsville Record. Frank Lloyd, proprietario direttore, aveva mantenuto la parola data a Hermione Wright soltanto tecnicamente. Nell’articolo riguardante le notizie cittadine aveva accennato al forestiero soltanto dicendo che si trattava del “signor Ellery Smith” di New York; però il titolo dell’articolo diceva: “Un noto autore, ospite di Wrightsville! “.

IV

Le tre sorelle

L’arrivo del signor “Ellery Smith” mise a rumore il gran mondo intellettuale di Wrightsville, costituito dalla signorina Aikin, bibliotecaria, che aveva studiato il greco; dalla signora Holmes, che insegnava letteratura comparata alla scuola superiore; da Emmeline Du Pré, soprannominata dagli irriverenti “il gazzettino della città”, la quale, tuttavia, era invidiata da giovani e vecchi per l’impagabile fortuna di essere vicina di casa del signor Smith. E infatti la villa Emmy Du Pré era situata accanto a quella di Ellery Queen.

Improvvisamente il movimento di automobili aumentò sulla strada della collina. L’interesse e la curiosità manifestati dai cittadini di Wrightsville erano tali, che Ellery non si sarebbe meravigliato nemmeno se la compagnia degli autobus avesse istituito un servizio turistico fino alla porta di casa sua.

Poi piovvero inviti. Inviti al tè, ai pranzi, a colazione.

Intanto il signor Queen se la svignava ogni mattina con Pat la quale, in pantaloni e maglioncino di lana, andava a rapirlo e lo conduceva con la propria decappottabile a esplorare la città e la contea. In breve il taccuino del signor Queen si riempì di bizzarre annotazioni, di frasi in gergo, di nomi di ritrovi diurni e notturni… insomma, di colore locale americano, edizione Wrightsville.

«Non so che cosa farei senza di lei» le disse Ellery una mattina mentre ritornavano dal Low Village. «Come fa a conoscere tutta questa strana gente?»

«Sono laureata in sociologia» rispose Patricia sogghignando. «E devo pur tenermi in esercizio…»

«A proposito; che cosa pensa di tutto ciò il signor Bradford, Pat?»

«Di me e della sociologia?»

«Di me e di lei.»

«Ah!» disse Patricia, scrollando le chiome con aria soddisfatta. «Carter è gelosissimo.»

«Davvero? Ma allora…»

«Non cominciamo con i bei gesti» l’interruppe la ragazza. «Carter ha avuto sempre il vizio di sentirsi troppo sicuro di sé, specialmente nei miei confronti. Siamo cresciuti assieme; un po’ di gelosia gli farà bene.»

«Non posso dire che questa parte di “reagente” amoroso mi garbi molto» mormorò Ellery sorridendo.

«Oh, non mi pianti in asso!» mormorò Patricia. «La sua compagnia mi diverte tanto.» Gli lanciò un’occhiata di traverso. «A proposito: sa che cosa dice la gente?»

«Che cosa?»

«Lei ha detto al signor Pettigrew di essere un famoso scrittore.»

«L’aggettivo è stato aggiunto dal signor Pettigrew.»

«Gli ha detto inoltre che non scrive col nome di Ellery Smith, che usa uno pseudonimo… ma non gli ha confidato qual è lo pseudonimo.»

«Veramente no.»

«E allora la gente dice che forse lei non è per niente un famoso scrittore» concluse Pat. «Bella cittadina, vero?»

«Quale gente?»

« La gente. »

«E lei mi crede un mistificatore?»

«Lasci perdere quello che credo io» ritorse Pat. «Però deve sapere che c’è una raccolta di fotografie di scrittori nella biblioteca Carnegie. La signorina Aikin dice che il suo ritratto manca.»

«Perché non sono ancora abbastanza famoso» spiegò Ellery.

«È quel che le ho detto io. La mamma è andata su tutte le furie al solo pensiero che lei non sia famoso, ma io le ho detto: “Mamma, che cosa ne sappiamo?” Poveretta, non ha chiuso occhio tutta la notte.»

Risero assieme, poi Ellery disse:

«A proposito: come mai non ho ancora fatto la conoscenza di sua sorella Nora? È malata?»

Pat diventò improvvisamente seria.

«Nora?» ripeté con voce atona. «No, sta benissimo. Ci vediamo più tardi, signor Smith.»

Quella sera Hermione diede un ricevimento intimo in onore dell’ospite illustre. C’erano soltanto il giudice Martin con la moglie Clarice, il medico Willoughby, il giornalista Frank Lloyd, Carter Bradford e Tabitha Wright, unica sorella vivente di John. Tabitha era la più altezzosa e la più formalista della famiglia Wright e non aveva mai “accettato” completamente la cognata Hermione. Lloyd e Bradford parlavano di politica, ma erano entrambi distratti. Carter lanciava continuamente occhiate velenose verso Pat ed Ellery seduti in disparte sopra un divanetto, mentre Lloyd guardava di continuo verso la scala del vestibolo.

«Frank aveva un debole per Nora, prima che arrivasse Jim» spiegò Patricia. «Non gli è ancora passata. Quando Nora s’innamorò di Jim Haight, non sapeva darsi pace.» Ellery osservò il giornalista, grande e grosso e un po’ scimmiesco, e pensò che poteva essere un pericoloso avversario. I suoi occhi infossati parevano d’acciaio. «Quando poi Jim ha piantato in asso Nora, Frank ha detto…»

«Che cosa?»

«Lasciamo andare» fece Patricia, balzando in piedi. «Come sempre, parlo troppo.»

E corse verso il signor Bradford per spezzargli un altro pezzettino di cuore. Pat portava un vestito da sera di taffetà turchino che frusciava leggermente.

«Milo, ecco il signor Ellery Smith!» disse Hermy in tono orgoglioso, avanzando col corpulento dottor Willoughby.

«Le piace la nostra città?» domandò il medico.

«Ne sono innamorato, dottore.»

«È una cittadina simpatica…»

«Per chi è largo di vedute» commentò il giudice Martin, avanzando a braccetto della moglie.

Martin era un ometto allampanato, dai modi alquanto bruschi.

«Non badi a quello che dice mio marito!» esclamò Clarice. «Questa sera è amareggiato perché ha dovuto mettersi lo smoking. Hermione, tutto è perfetto. »

«Oh, non ho fatto niente di straordinario» mormorò la signora Wright, inorgoglita. «Si tratta di un pranzetto intimo, Clarice.»

In quel momento apparve sulla porta Henry Clay Jackson per annunciare che il pranzo era servito. Henry Clay era l’unico maggiordomo “finito” di Wrightsville e le signore della buona società, con una forma di comunismo sforzato, se ne dividevano i servigi. Secondo una consuetudine inviolabile, Henry Clay doveva essere chiamato soltanto nelle grandissime occasioni.

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