Salutò il detective Janos con un sorriso. La sorella di Natalie Homer non aveva bisogno di presentazioni.
«Benvenuta, signorina Qualen.»
Stella si nascose come un topolino dietro a uno scatolone. Tremava. I passi si avvicinavano. Chiuse gli occhi e pensò a sua madre e a sua nonna: avevano affrontato di tutto, avrebbero superato anche la sua morte.
In fondo, erano più giovani di lei quando avevano cominciato a morire.
Calma, pensò Stella Small. Quella era New York, e le regole del gioco erano diverse: i vigliacchi non erano ammessi.
Lei non si sarebbe arresa a una morte ridicola, assassinata con un taglierino. Sollevò il mento e si preparò a interpretare un'altra parte. Quella di chi aveva ancora molta vita davanti. Il cuore batteva sempre più forte.
Lo senti, figlio di puttana?
L'uomo scostò lo scatolone. Una mano cercò di afferrarla, ma Stella balzò in piedi e cominciò a graffiarlo. Gli piantò le unghie nel petto e sulla sua T-shirt comparvero cinque righe rosse. L'uomo restò immobile, come se le sue batterie si fossero d'un tratto scaricate. Non capiva come fosse possibile che un oggetto si rivoltasse contro di lui. Gli graffiò la faccia, e lui non si mosse. Stella corse verso la luce in fondo al corridoio.
Io voglio vivere, bastardo!
Janos si appoggiò alla porta dell'ufficio, mentre Mallory e Riker si avvicinavano a Susan Qualen. La donna indietreggiò e andò a sbattere contro il computer. «Perché mi avete arrestata?» ringhiò. «Io non ho fatto niente.»
«Ora le spiego» disse Riker. «Vede, signorina Qualen, lei non ha voluto aiutarci, è scappata.»
Pronunciò le parole con calma, ma la signorina Qualen reagì come se Riker le avesse urlato in faccia. Chinò la testa e fissò il pavimento.
Come ricompensa per quell'atteggiamento contrito, Janos le tolse le manette.
Mallory con un calcio avvicinò una sedia a Susan. La sedia cadde a terra.
«La raccolga.»
Susan Qualen ubbidì.
«Adesso si sieda» disse Janos.
«Quando siete venuti…» disse la donna con la voce rotta «quel giorno non ho potuto aiutarvi. Io non…»
«Deve firmare questo» la interruppe Riker, indicando un foglio che elencava i suoi diritti. «Le troveremo un avvocato, se ne vorrà uno. Conosce i suoi diritti, signorina Qualen?»
«Non mi serve un dannato avvocato.»
«Allora firmi.» Riker non stava recitando la parte del poliziotto cattivo, era davvero arrabbiato quando le diede le carte da sottoscrivere e una penna.
Susan firmò senza nemmeno leggere.
Mallory strappò i fogli dalle mani della donna e li gettò sul tavolo.
«E adesso…» disse Riker «ci dica che quel mostro psicopatico non è passato a salutare zia Susan quando è arrivato in città.»
«È colpa vostra» lo interruppe la Qualen. «Siete dei bugiardi, non fate altro che mentire…»
«Tutti quei dettagli sul giornale» disse Mallory. «Signorina Qualen, lei sapeva che c'era un collegamento tra l'ultima impiccagione e…»
«E mia sorella? La polizia mi disse solo che Natalie era stata uccisa. Ho scoperto il resto dai giornali, l'impiccagione, il finto suicidio, i tentativi di insabbiare tutto…» La voce di Susan era isterica. «Nessuno era interessato a scoprire l'assassino di Natalie.»
«Il piccolo Junior le raccontò tutto» insistette Mallory. «Per questo conosceva i particolari. Quando ha visto la storia sui giornali, è stato come se avessero ammazzato Natalie una seconda volta.»
«No, Junior non mi disse niente.» Adesso piangeva. «Quel bambino riusciva a malapena a parlare. Era catatonico.»
«Così lo mandò via, fece in modo di nascondere l'unico testimone che avrebbe potuto aiutare la polizia a scoprire l'assassino di sua sorella.»
Susan Qualen non era più spaventata e aveva smesso di piangere. Adesso era furiosa.
«Chi chiamereste voi se un poliziotto ammazzasse vostra sorella? Un altro poliziotto?» Lo stupore sulle loro facce le strappò un sorriso sinistro.
Mentre correva verso la luce in fondo al corridoio, Stella Small notò un piccolo ufficio con le pareti di vetro. La porta era socchiusa. Stava quasi per sbatterla con forza alle sue spalle, ma si fermò in tempo e la accostò con cautela. Girò la maniglia per chiuderla. Si nascose sotto la scrivania portandosi dietro il telefono. Compose il numero del pronto intervento. Ma un messaggio registrato le chiese di digitare la cifra che abilitava alle chiamate esterne.
Lui stava arrivando. Sentiva i suoi passi meccanici. Stella trattenne il respiro mentre l'uomo armeggiava con la maniglia.
Sentì una chiave entrare nella serratura. Che stupida. Era un maledetto guardiano. Aveva tutte le chiavi. Chiuse gli occhi e si tappò le orecchie, come se questo potesse fermarlo. La porta si aprì, e l'odore di insetticida invase la stanza.
Aprì gli occhi. Era lì davanti, a pochi metri. La guardava in silenzio, senza vederla. A quel punto Stella Small vide il pulsante dell'allarme alle spalle dell'uomo. Se fosse riuscita a rompere il vetro, sarebbe scattata la sirena, sarebbe arrivato qualcuno.
Susan Qualen parlava a fatica. «Se avessi consegnato il bambino, quanto tempo sarebbe passato prima che l'assassino lo eliminasse? L'unico testimone che ha visto un poliziotto ammazzare sua mamma. Ho vissuto in quel quartiere per anni. Gli spacciatori compravano la polizia con un dollaro. Vi coprite l'uno con l'altro, sempre.» Alzò la mano, non voleva essere interrotta. «Non ci provate, ho fatto la cosa giusta, lo sapete…»
«Scappò dai genitori adottivi» disse Mallory.
«Andò dai miei cugini, che lo portarono nel Nebraska. Una volta cresciuto cominciò a fare domande sulla madre. Gli raccontarono tutto ciò che sapevano. Poi tornò…»
«A casa?» chiese Mallory. «Da lei?»
«Si è fermato poco, un paio d'ore, tanto tempo fa.»
«Lei non aveva nessuna voglia di rivederlo.» Riker incrociò le braccia «Le faceva paura, vero?»
«No, Junior non era pazzo era normale quanto me.»
Janos tirò fuori il taccuino. «Dov'è ora suo nipote?»
«Non lo so.»
«Come si fa chiamare?»
«Junior, si è sempre fatto chiamare Junior.»
«Voglio la verità, signorina Qualen.» Janos si avvicinò. «Ha sentito la domanda? Come si chiama?»
«Non lo so, giuro…»
Mallory stava perdendo la pazienza: «Va bene, non sa niente di utile. Lo terremo a mente. Allora perché è scappata?».
Susan Qualen sprofondò nella sedia. Tremava per le troppe emozioni, rabbia soprattutto.
Riker vide l'odio stampato sulla faccia della donna. Disse: «Okay. Questa è una domanda facile. Perché è tornata?».
Stella si stupì della sua stessa forza mentre sollevava la scrivania e la scagliava contro la parete di vetro. Una pioggia di schegge. L'uomo si voltò verso un pannello accanto alla porta e disinserì l'allarme prima che scattasse. Un pezzo di vetro pendeva dal telaio, poi cadde e si frantumò sul pavimento. I vetri scricchiolavano sotto le scarpe mentre l'uomo si avvicinava. «No» disse Stella. «No!»
Solo a quel punto Stella capì d'essere invisibile. L'uomo non guardava lei, ma lo scaffale alle sue spalle. La scavalcò, prese un cartellino da un raccoglitore e lo infilò nell'obliteratrice. Quel gesto, assolutamente normale per qualsiasi impiegato che inizia il turno terrorizzò Stella. Il guardiano notturno non sarebbe accorso a salvarla, semplicemente perché quell'uomo era il guardiano notturno
«Sono tornata per chiedervi di non uccidere il figlio di Natalie.» Susan Qualen si piegò su se stessa come se l'avessero presa a calci nello stomaco. Era esausta, sostenuta solo dalla rabbia. «Sapete soltanto uccidere, avete reso Junior quello che è. Un poliziotto ha ammazzato sua madre, quindi credo che abbiate il dovere di risparmiargli la vita Non potete semplicemente abbatterlo come un animale malato.»
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